28 dicembre 2021

CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI di Valerie Perrin

 



Seconda opera di Valerie Perrin, che ha pubblicato proprio quest’ anno il terzo romanzo intitolato appunto “Tre”.

Questo libro è davvero delizioso. Non ci si può non affezionare a Violette, donna all’apparenza grigia e spenta, ma che nasconde sotto il cappotto scuro che indossa, i colori dell’estate. Porto l’estate sotto l’inverno dice di sé stessa. Ricorda molto la portinaia dell’Eleganza del riccio di Muriel Barbery, che sotto l’apparenza scialba della donna comune, cela cultura, conoscenza e saggezza.

Violette è una guardiana di un cimitero in un paesino della Borgogna. Orfana, non ha mai conosciuto l’affetto sincero di una madre e di un padre, ma solo quello senza calore,  di famiglie affidatarie. Si innamora di Philippe, uomo bello più che amorevole, che diverrà suo marito e padre della figlia Leonine.

La storia è un susseguirsi continuo di fatti,  accadimenti che si affiancano alla vicenda principale creando storie parallele complesse e dettagliate che incalzano e impediscono al lettore di distrarsi; salti temporali, flashback che l’autrice sa abilmente destreggiare, ora nel rievocare un periodo antecedente, ora balzando nel futuro per far ritorno con maestria nel presente. Anche i luoghi cambiano in continuazione, ma è impossibile perdersi, grazie alle capacità tecniche, descrittive, precise e comprensibili della scrittrice che sa muoversi nel tempo e  nello spazio con abilità e chiarezza. Non mancano colpi di scena, personaggi capaci di cambiare il corso degli eventi, dando il via a una cascata di nuove e imprevedibili situazioni. Forse tante sottotrame poteva anche risparmiarsele –  la storia di Irene Fayolle e di Gabriel, le vite parallele di personaggi come G.Magnan, Fontanel ecc..,  i rapporti con la famiglia Pelletier… - a parer mio le figure di Violette, Philippe, Leonine, Sasha, Celia, Julien sarebbero bastate a creare quella magia che pervade in tutto il libro e che lo rendono un piccolo capolavoro.  

Potrebbe sembrare di primo acchito, un romanzo triste in quanto è la Morte a  dominare la scena, in realtà c’è molta più Vita di quanto si creda, come se fosse proprio la morte a stimolare la vita, ad accenderla.

 

Amore, passione, amicizia, solidarietà attraversano il romanzo, insieme al dolore, alla sofferenza, alla solitudine, al ricordo, alla perdita

Una storia che parla di rinascita, un inno alla vita in ogni sua forma, soprattutto in quella della semplicità. Cadere e sapere rialzarsi, saper riconoscere le proprie debolezze, assecondarle e una volta maturate, riuscire a trascenderle, tornare a cambiare l’acqua ai fiori, ritrovare la luce nel buio della disperazione perché il buio non è mai totale, alla fine del cammino c’è sempre una finestra aperta, andare avanti grazie all’amore, all’affetto e alla cura: amore per il giovane che Violette scopre al di là del bancone del bar, ma anche per quel poliziotto che porta le ceneri della madre da seppellire nel cimitero; affetto per quell’uomo più vecchio di lei che le insegna a prendersi cura di sé stessa e per quella donna, la prima amica della sua vita alla quale ha offerto un letto per trascorrere la notte; cura nel far crescere le piantine dell’orto e nell’occuparsi delle tombe con i suoi morti, ognuno con la propria storia. È l’amore, la passione e la cura che impediscono all’uomo di morire davvero e di vivere per l’eternità.

Un libro appassionante, coinvolgente, divertente e intrigante, ricco di tutti i giusti ingredienti per un film di sicuro successo.

 

A.C.

Cambiare l’acqua ai fiori di Valerie Perrin (ed. e/o) 


12 dicembre 2021

IL BAMBINO DI NOE' di Emmanuel Schmitt e UNA BAMBINA E BASTA di Lia Levi

 

Due libri appena letti, che consiglio a tutti, grandi e piccini.

Due piccoli capolavori, due preziosi gioielli di cento pagine, che sanno ben descrivere la tragica esistenza dell’essere ebreo in un periodo in cui ciò significava l’inizio di un viaggio di sola andata.

Essere ebrei non è facile per due bambini che hanno sempre conosciuto una serena esistenza, il calore degli abbracci della madre, la protezione della famiglia e all’improvviso si ritrovano soli, ad affrontare un mondo complesso, diverso, sconosciuto, del quale ancora non comprendono regole e meccanismi.

Ambientato in Belgio il primo, a Roma il secondo, entrambi ci parlano della Shoah e dell’incubo della deportazione.

Ne Il bambino di Noè, il piccolo Joseph, viene lasciato dai genitori in un orfanotrofio dove padre Pons, come Noè, cerca in ogni modo di sottrarlo e salvarlo dalla deportazione nazista.

Ne Una bambina e basta, invece è la piccola Lia (anche se il suo nome non è mai pronunciato) a nascondersi in un convento cattolico, insieme alla sorella e poi alla madre, mentre il padre trova rifugio in un pensionato di soli uomini.

La bellezza di questi romanzi è tutta nel linguaggio spontaneo, semplice e sincero che entrambi i protagonisti adottano nel raccontarci la loro storia, una storia vista con gli occhi innocenti dei bambini, che cercano e vogliono soltanto la verità, anche se dolorosa, e non si arrendono alle cattiverie del mondo, lottando con coraggio e forza, guidati dal sano sentimento di amore e giustizia.

Libri commoventi, che attraverso le descrizioni, le osservazioni, gli stati d’animo, le domande che i fanciulli rivolgono agli adulti, ci fanno riflettere sulla follia di un periodo storico e politico, in cui il potere aveva oltrepassato ogni confine, raggiungendo vertici di bestialità e freddezza indefinibili.

Due libri che si leggono senza fermarsi, scorrevoli, piacevoli, semplici come l’ingenuità dei bambini appunto, ma forti e carichi di profonde verità e speranze, anche se alla fine rimane l’amaro in bocca, la rabbia di un passato che non si può cambiare o cancellare, ma che per fortuna si può raccontare, per mantenere viva la memoria, affinché certi errori non si ripetano mai più.

A.C. 

“Il bambino di Noè" di Emmanuel Schmitt (Rizzoli 2004) e “Una bambina e basta” di Lia Levi (edizioni e/o 1994)