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28 luglio 2023

BRANDELLI DI UNO SCRITTORE PRECARIO di Mirko Tondi

 

Brandelli di uno scrittore precario non è il solito manuale di scrittura (non dico niente di nuovo, c’è scritto anche sulla copertina) ma molto di più, un fondamentale compendio per una buona scrittura che concentra e raccoglie infinite indicazioni, strategie, istruzioni (diciamola così), nonché selezionate citazioni di grandi letterati con precisi riferimenti bibliografici, comprendendo anche una mini raccolta di racconti e una breve parentesi autobiografica dello scrittore e amico Mirko Tondi.

Al di là del mio giudizio di parte, sfido il parere di chiunque, scrittori affermati o emergenti, nel considerarlo un prezioso, accurato e valido contributo sull’arte dello scrivere, pari (o superiore) a tanti altri che ho sulla scrivania, Amata Scrittura di Dacia Maraini, Esercizi di stile di Raymond Queneau, Il mestiere di scrivere di Raymond Carver, On writing di Stephen King, Manuale di scrittura creativa di Cotroneo, solo per citarne alcuni.

Bellissime anche le illustrazioni annesse di Massimiliano Bertolotti, (apprezzabili già in copertina con la mano della scrittore che con la penna sembra scolpire la roccia della realtà portando in superficie storie), che conferiscono vivacità e dinamismo alla scrittura già vitale di Mirko. La scrittura è infatti un’arte, espressione massima di creatività, voce unica e irripetibile, ognuno con la propria.

Brandelli di uno scrittore precario ha la fluidità di un romanzo, per il tono colloquiale dell’autore che si rivolge al lettore come se fosse davanti a lui, seduto al tavolino di un bar o in un’aula scolastica, per discorrere di scrittura in una maniera davvero molto piacevole e rilassante. Niente nozioni, niente noiosi e inutili elenchi, solo citazioni letterarie, cinematografiche, musicali selezionate e pertinenti (con precisi riferimenti) che stimolano il lettore a ulteriore approfondimento e ricerca. Tanti i consigli di scrittura che, alla maniera di Carver, dovremmo appuntare come post it o scrivere semplicemente su una lavagnetta davanti al pc, per tenerli sempre ben in vista quando scriviamo.

Non vi presterò il mio libro, pieno di sottolineature (sono una lettrice che si permette la licenza di farlo, anche se per alcuni è dissacrante), rivelatrici, a detta anche dell’autore, di ottima qualità del testo. Sarebbe impossibile riportare e riflettere su ogni precetto, sono davvero tanti, perciò mi limiterò a riportarne solo alcuni.

«Cercare di scrivere tutti i giorni e arrivare in fondo» è forse il più importante consiglio da mettere in cima alla lista (confesso, lo condivido, ma lo seguo solo in parte).

Sono pienamente d’accordo sull’importanza della lettura per scrivere bene: «Se avete come obiettivo di scrivere qualcosa di valido dovete prima aver letto, se non parecchio almeno abbastanza […] La lettura, lo abbiamo detto, è il punto di partenza, su questo non c’è dubbio, per cui l’investimento è indispensabile».

Sullo stile Mirko ce la dice lunga: «Raggiungere un proprio stile, uno stile riconoscibile e possibilmente unico, una voce potente che emerga dal mucchio della mediocrità e dall’ordinarietà, è l’obiettivo più elevato in cui si possa sperare. Ma allo stesso tempo è forse il solo obiettivo da porci se vogliamo lasciare il segno».

Illuminante la riflessione sull’equilibrio tra tecnica e cuore: «Il pericolo della tecnica è che più che ce ne nutriamo, più rischiamo di relegare il cuore in un angolino credendo inconsciamente di poterlo soppiantare con il repertorio acquisito di trucchi da scrittore. Niente di più sbagliato. […] Pensiamo che la tecnica ci permetta di entrare più dentro alle cose e invece, qualche volta, quelle cose ci impedisce di sentirle».E ancora: «Le belle frasi e le belle parole possono essere tenute insieme solo dalle emozioni che si provano quando si pensano e si scrivono».

Altra lezione chiarificatrice riguarda il differente approccio tra racconto e romanzo:«Nel racconto si avanza per sottrazione, non soltanto per la scelta delle parole, ma anche per la circoscrizione delle tematiche e degli eventi da narrare; di solito, infatti, è meglio concentrarsi su un unico episodio[…]Il romanzo invece si muove nella direzione opposta, procedendo per accumulazione».

Troverete qui le teorie sull’architettura e struttura del romanzo, che Mirko illustra e spiega nel dettaglio: il Paradigma di Syd Field, “Il viaggio dell’eroe”Christopher Vogler, il metodo delle “5 W”, solo per citarne alcune.

I corsi di scrittura hanno proprio il grande valore di fornire conoscenze e strumenti necessari per scrivere bene, accelerando in tal modo il processo creativo che diversamente richiederebbe tempi più lunghi, avvalendosi anche del confronto con gli altri.

Osare, sperimentare, provare commettendo anche errori fa parte del gioco, «perché non aver osato costituisce a sua volta un fallimento, quello di non aver utilizzato la scrittura per esprimersi al massimo delle proprie intenzioni».

Non mancano infine lezioni dettagliate e approfondimenti sul metodo, sugli strumenti del mestiere, sull’organizzazione del tempo, sull’importanza della riscrittura, sull’editing, sui premi letterari (sapere riconoscere quelli che offrono opportunità), sulla editoria, pubblicazione e promozione. Ma sarebbe davvero troppo trascriverle tutte anche se meritevoli, perciò se davvero la scrittura è la vostra arte, attitudine e passione e volete approfittare di questa preziosa opportunità, non vi resta che leggerlo, sono sicura non ve ne pentirete.

A.C.

16 gennaio 2023

IL MESTIERE DI SCRIVERE di Raymond Carver

 


Il mestiere di scrivere è una raccolta di brevi saggi, tenuti da Raymond Carver nel suo percorso di docente di scrittura creativa, una lettura assai interessante per chiunque voglia approcciarsi alla magnifica arte dello scrivere, ma anche per chi ha già pubblicato e si considera uno scrittore, perché credo davvero che non si finisca mai di imparare.

Il libro oltre a fornire esercizi, consigli, riflessioni, istruzioni di scrittura, ci svela l’uomo il suo modo di pensare, il carattere, la sensibilità descritto dettagliatamente anche nella prefazione e nelle testimonianze di chi lo conosceva.

Per me che ne ho letto e apprezzato le opere (perlopiù racconti), è stato un piacere incontrarlo di nuovo; è stato come mettermi seduta nell’aula insieme ai suoi studenti, per ascoltare i suoi insegnamenti catturando (aveva una voce sempre flebile, udibile a malapena) le sue tesi sulla letteratura e i preziosi suggerimenti sul mestiere di scrivere.

Accusava lo sperimentalismo in maniera accorata, ritenendolo «come una specie di licenza per scrivere in modo sciatto, sciocco o imitativo. La vera sperimentazione dovrebbe essere originale» asseriva.

La scrittura deve avere la capacità di sbalordire: «In una poesia o in un racconto si possono descrivere delle cose, degli oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso e dotare questi oggetti – una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino – di un potere immenso, addirittura sbalorditivo».

Aveva un grande rispetto per le parole, per il loro potere straordinario e unico: «Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa [] le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore».

Il motore della storia è la minaccia, la tensione «che qualcosa sta per accadere, che certe cose si sono messe in moto e non si possono fermare, altrimenti, il più delle volte, la storia semplicemente non ci sarà. Quello che crea tensione in un racconto è, in parte, il modo in cui le parole vengono concretamente collegate per formare l’azione visibile della storia. Ma creano tensione anche le cose che vengono lasciate fuori, che sono implicite, il paesaggio che è appena sotto la tranquilla (ma a volte rotta e agitata) superficie del racconto».

Proprio così, per far funzionare un racconto, si devono conoscere tante cose di quella vicenda – chi era il padre, la madre del protagonista, che lavoro facevano, come era la casa dove ha vissuto l’infanzia, ecc… conoscere l’invisibile, anche se poi non arriveremo mai a parlarne. Dobbiamo avere tutto chiaro nella nostra testa, per renderlo con altrettanta chiarezza al lettore, di questo anch’io sono assolutamente convinta.

Carver è il fautore del linguaggio chiaro, preciso, dettagliato, «un linguaggio usato in modo da infondere vita a dettagli che illuminino il racconto al lettore» perciò è opportuno che «il linguaggio sia dato in maniera quanto mai accurata e precisa. Le parole possono essere precise anche al punto di apparire piatte, l’importante è che siano cariche di significato». Parole cariche di significato, una frase sicuramente da tenere sotto gli occhi, appuntata sotto il monitor (copiata su una scheda sei-per-dodici, avrebbe detto lui ) mentre scrivo anch’io i miei racconti. Questa impostazione la ereditò dal suo mentore John Gardner indirizzandolo a quello che molti definiscono minimalismo. Gardner e successivamente Gordon Lish, gli insegnarono a usare la parola precisa e a eliminare il sovrappiù, gli orpelli, «come fosse importante dire esattamente quel che volevo dire e niente di più, non usare parole “letterarie” o un linguaggio “pseudopoetico”[…], come dire ciò che volevo dire e usare il minimo numero di parole per farlo».

In questo saggio si scopre, come già dicevo, l’essere umano nel suo modo informale, le sue semplici origini, la sua profonda modestia («Non sapevo niente, ma almeno sapevo di non sapere niente»), la sua umiltà velata di timidezza. Mi ha colpito quel sussurrare le lezioni con timido appiglio, quasi volesse scusarsi di dire le sue opinioni. Ne emerge il ritratto di un uomo generoso, altruista, sensibile, buono, incoraggiante, positivo.

Altro concetto fondamentale che condivido appieno (anch’io leggo, rileggo, correggo con una premura maniacale il testo) è l’importanza della riscrittura perché «uno scrittore scopre quello che vuol dire mediante un continuo processo consistente nel “vedere” quello che ha già detto. E questa visione, questo processo di messa a fuoco della visione, si otteneva mediante la revisione».

Per Carver è importante comunicare col lettore perciò si deve essere chiari, precisi, come importante è aver «fiducia nel fatto che il mondo conosciuto abbia ragion d’essere, e che valga la pena di scriverne». Essere chiari aiuta anche il lettore a capire come funziona la mente del personaggio.

Un altro consiglio di scrittura (anche questo da appuntare sotto il monitor) è di non scrivere frasi troppo simili fra loro (le ripetizioni) perché rappresentano «un ostacolo per far entrare il lettore nel tuo sogno».

La letteratura deve essere realista, narrare il mondo che ci circonda, avvenimenti quotidiani, tratti dall’esperienza di tutti i giorni.

Interessante è il capitolo dedicato al laboratorio di scrittura, in cui sono riportati alcuni audio originali delle lezioni tenute da Carver all’Università dell’Iowa, in cui si può apprezzare la qualità e la passione del suo insegnamento.

Concludo qui, scusandomi per le continue e numerose citazioni, ma credetemi non ho saputo resistere.

Ho terminato la lettura ma non il libro: mi attendono ancora cinquanta esercizi di scrittura creativa, sulle orme dei racconti dell’autore, ai quali mi dedicherò con sincero piacere.

A.C.

“Il mestiere di scrivere”di Raymond Carver ( Einaudi Stile Libero 1997)