Un libro molto particolare, che non si dimentica facilmente anche
se è difficile definire la trama di Mattatoio
n.5 in maniera lineare, perché le vicende non seguono un filo sequenziale,
uniforme, ma procedono come a singhiozzo, con visioni, immagini frammentate, compiendo
sorprendenti salti temporali e spaziali. Una scrittura che sembra più un flusso
di pensiero, a uso e consumo dell’autore stesso che a quello del lettore, ho
pensato all’inizio. Sono entrata nella storia perciò un po’ a fatica, fino a quando
mi sono arresa intuendo che dovevo prenderla per com’era, senza troppo pensiero,
lasciandomi catturare dalla suggestione delle parole, dalle descrizioni, dai
dialoghi e dalle riflessioni. In verità in questo libro c’è molto su cui
pensare e meditare.
Billy
Pilgrim è un americano reduce della seconda guerra mondiale, che ha la
capacità di viaggiare nello Spazio e nel Tempo. Durante la sua vita, avrà una
brillante carriera di ottico, si arruolerà nell’esercito, sopravvivrà al
massacro di Desdra in Germania (in cui persero la vita ben 135 mila persone, di
cui poco la storia parla) grazie al rifugio sotterraneo in un mattatoio (da cui
il titolo), si sposerà, avrà due figli, si salverà da uno spaventoso incidente aereo.
Billy è un personaggio a cui ci si affeziona subito, per la semplicità dei
sentimenti, per la sua fragilità, bonarietà, arrendevolezza, per il suo forte
realismo (dettato dal fatto che anche Vonnegut visse l’esperienza bellica della
seconda guerra mondiale e il massacro di Desdra).
Nonostante la tragicità degli eventi narrati in questo romanzo, non
mancano l’aspetto ironico, sarcastico, addirittura comico in cui l’autore – a mio parere –
ha cercato di svalorizzare l’istituzione della guerra stessa (farle perdere la
serietà che invece vuole attestare), mettere in luce la sua ridicola manifestazione
esaltandone la disfunzione e
l’assurdità.
Si avverte potente il suo messaggio di opposizione alla Guerra e un chiaro inno alla Pace: «Ho detto ai
miei figli che non devono, in nessuna circostanza, partecipare a un massacro, e
che le notizie di massacri compiuti tra nemici, non devono riempirli di
soddisfazione e di gioia. Ho anche detto loro di non lavorare per società che
fabbricano congegni in grado di provocare massacri, e di esprimere il loro
disprezzo per chi pensa che congegni del genere siano necessari». Ecco
allora l’apparizione di un mondo extraterrestre, Tralfamadore, in cui la pace non è un’utopia, e di cui Billy cerca
di carpirne il segreto:“Ho imparato come
gli abitanti di un intero pianeta possano vivere in pace! Come sapete, io vengo
da un pianeta che da tempo immemorabile non fa che compiere massacri insensati.
Io stesso ho visto i corpi di ragazzine bollite vive dentro un serbatoio dai
miei compatrioti, tutti fieri di battersi in quel modo contro il male[…] E di
notte in prigione mi sono fatto luce con candele fabbricate col grasso di
esseri umani uccisi dai fratelli e dai padri di quelle ragazzine. I terrestri
devono essere il terrore dell’universo![...] Ditemi dunque il segreto, così lo
porterò sulla Terra e saremo tutti salvi: come può un pianeta vivere in pace?”.
C’è davvero in queste poche righe il più sentito disprezzo, la più sincera repulsione a un meccanismo così atroce,
al contempo stupido e insensato come la guerra.
Interessante quel continuo intercalare e concludere i paragrafi con
la frase Così va la vita ed E così via che, come un mantra, puntualizza
l’arrendersi agli eventi, acquisire consapevolezza della realtà circostante
senza esserne succubi, affidarsi al flusso dell’esistenza senza fermarsi mai,
camminare insieme alla vita stessa, perché proprio così va la vita, prosegue il
suo cammino, nonostante tutto, nonostante noi.
E ancora il tema del Fato,
il destino che ognuno si porta appresso e che non si può cambiare, ma accogliere
nella piena comprensione. Non si cambia il destino dicono i Tralfamadoriani: «Tutto il tempo è tutto il tempo. Non
cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni. È, e basta. Lo prenda
momento per momento, e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti
nell’ambra[…] Solo sulla terra si parla di libero arbitrio».
Insetti
nell’ambra, uomini e donne imbalsamati, senza capacità di muoversi, di decidere
della propria sorte, e già solo questa metafora (e ce ne sono tante) aprirebbe un altro interessante discorso
sullo stile dello scrittore, che ho molto apprezzato man mano che proseguivo
con la lettura.
Davvero una scrittura profonda, che stimola e arricchisce,
riuscendo a regalare nella dualità degli opposti – drammaticità e comicità,
serietà e leggerezza, gravità e ironia – una visione realistica e concreta del
conflitto mondiale, riflessioni sui veri valori dell’esistenza, sulla nostra
precarietà di esseri umani, sull’ eventualità di nuovi mondi dove l’impossibile
possa divenire possibile .
Grazie per il consiglio di lettura che rinnovo a coloro che non
conoscono l’autore e che spero di avere incuriosito.
A.C.
Mattatoio n.5 di Kurt Vonnegut (ed. Feltrinelli 2003)
1 gennaio 2023