31 maggio 2023

PSICOSFERA di Massimo Acciai Baggiani e Carlo Menzinger di Preussenthal

 

Non cercate creature extraterrestri, uomini verdi con cento teste, mille occhi o cento bocche, nel nuovo libro dei due autori, amanti della fantascienza, perché non le troverete, anche se si narra di un mondo fantastico, di realtà surreali, ipotetiche e future (siamo nel non lontano 2036) e l’umanità ha già colonizzato Marte e viaggia ormai da tempo nello spazio galattico.

Ma non voglio svelare troppo parlando della trama, per non togliere a voi lettori il piacere della sorpresa, che è stata anche mia, pur non amando il genere.

Psicosfera infatti va oltre il classico romanzo di fantascienza, perché pone l’attenzione a molte problematiche ambientali, sociali, etiche toccando quindi tematiche estremamente attuali. Lo hanno sicuramente pensato i due autori, tanto da considerarlo un punto di partenza, pietra miliare da cui intraprendere nuovi percorsi letterari per gli scrittori che vogliono mettersi in gioco stimolati dalla lettura. E le suggestioni non mancano davvero.

Si parla di sfruttamento terrestre (deforestazione, abuso ambientale ed edilizio, ecc.. ) come se il nostro pianeta fosse una fonte inesauribile di risorse ma che presto a questo ritmo vedranno la parola fine; di surriscaldamento globale che genera catastrofi di cui purtroppo siamo quotidianamente spettatori inermi; di armi biologiche, di epidemie flagello di ogni epoca; di tecnologia, una grande opportunità di crescita per l’umanità intera ma pericolosa se usata in modo scorretto; di intelligenza artificiale, anch’essa un’arma a doppio taglio. Stephen Hawking aveva sensibilizzato già a suo tempo l’uomo sulla questione, sottolineando la necessità di colonizzare nuovi mondi nello spazio, per l’esaurimento delle risorse terrestri proprio a causa del consumismo e dello sfruttamento.

Ma non ci sono solo aspetti negativi in questo libro (per fortuna), e gli autori ci offrono uno spiraglio di speranza grazie al potere costruttivo dell’uomo, alla sua volontà di inseguire il bene anziché il male, di aprirsi a nuove possibilità e orizzonti, spinto dal desiderio di una più profonda conoscenza di sè e di nuove realtà.

La telepatia è solo una porta d’accesso a questi nuovi mondi, capace di creare connessioni più sottili, intime, di ampliare e armonizzare la sintonia tra gli esseri umani. Così la premonizione ulteriore ingresso, ci potrebbe offrire altresì la possibilità di agire sempre nel modo migliore, anticipando e marginando anche le più terribili catastrofi e stragi. Il teletrasporto è ancora un miraggio, ma è emozionante immaginarlo realizzabile in un futuro non troppo lontano. E infine il sogno, quale più bella realtà di quella onirica, dove l’impossibile diventa possibile, tempo e spazio si annullano, il cielo si fa terra, gli animali parlano come umani e le leggi della fisica non dettano più legge?

Insomma gli stimoli per nuove storie non mancano davvero.

Un libro che si legge alla velocità della luce, vivace, frizzante, piacevole, ideale per le prossime giornate afose, in spiaggia, in montagna ma anche in città. Ve lo consiglio, anche se, come per me (e mi ripeto) non è propriamente il vostro genere letterario.

 

A.C.

Psicosfera di Massimo Acciai Baggiani e Carlo Menzinger di Preussenthal (Tabula Fati 2022)


19 maggio 2023

E IO CHE C’ENTRO? DI Marco Pini

 

Firenze 2018, una città sconvolta dalla morte improvvisa di Astori, capitano della Fiorentina - passione e orgoglio dei cittadini - ma anche da storie ordinarie di violenza, degrado, prostituzione,  vicende che a volte possono sfociare in omicidio.

Firenze, culla del Rinascimento «bella sì, ma appesantita da persone a tinte fin troppo forti […] ma a quanto pare anche capaci di affetto profondo».

È su questo sfondo che si muove il romanzo di Mario Pini, una città e periferia contemporanea, ingolfata dal traffico contenuto all’apparenza dalla tramvia, dove il lettore fiorentino, ritrova tracce del suo quotidiano, strade, piazze, bar, locali, gustandosi (perché no?) insieme al protagonista un saporito panino al bar dello Scheggi. È questo un punto di forza del libro, l’atmosfera provinciale (senza alcuna accezione negativa) in cui l’autore ci trasporta sapientemente attraverso la sua scrittura. Ma non solo. Al di là dell’indagine, che per me passa davvero in secondo piano, non essendo un’ appassionata di gialli, tante sono le tematiche affrontate, in primo luogo il disagio giovanile,  l’insofferenza di una generazione, erede del progresso ma anche di tanti errori e orrori, costretta a scontare le colpe di un passato, che non deve essere dimenticato, mai.

 Tullio Pieralisi commissario di polizia, sta lavorando proprio a un omicidio, un caso che sembra legato a un giro di prostituzione, in cui ha perso la vita un boss della malavita, un certo Rollo. Insieme all’indagine, si intrecciano altri casi degni della sua attenzione e di quella di Furio, suo agente fidato, riguardanti l'aggressione di un uomo nel sottopassaggio delle Cure, e la condizione critica di Greta, un'adolescente equilibrata, eccellente nello studio che all'improvviso  esprime un malessere “strano”, un odio esagerato nei confronti della madre che a suo riguardo sembra la diretta responsabile.

Senza spoilerare oltre, devo dire che la lettura è stata davvero piacevole, scorrevole e stimolante, pur non essendo il mio genere, come già detto. Ho apprezzato l’aspetto umano del commissario, la sua intelligenza fine, il carattere forte, deciso, meditativo, la sua indole seria e ironica al contempo, il suo amore per la filosofia, il forte interesse per ogni aspetto del comportamento umano, ottimista e fiducioso nel potere della giustizia, dell’istruzione, del rispetto e solidarietà tra gli uomini. Un eroe senza superpoteri.

Una lettura ricca di riferimenti cinematografici; interessanti, anche se estesi i tre capitoli dedicati al Germania di Tacito e al Codex Aesinas, un argomento a me completamente sconosciuto che ho dovuto approfondire, inserito con attinenza, testimoniando un’accurata ricerca e documentazione  dell’autore e che arricchisce il valore dell’opera.

I personaggi (e non solo Tullio, protagonista) sono davvero ben strutturati - Furio, Massimo amico di vecchia data e preziosa presenza, Anna presente ma assente, Anita la moglie, Antonino il mentore - ognuno col proprio carattere e spessore.

L’intreccio della trama è tessuto con maestria, difficile, almeno per me, scoprire il colpevole, che mi si è rivelato con grande sorpresa solo nelle pagine finali.

Una lettura insomma davvero stimolante, dal linguaggio curato e appropriato che consiglio agli appassionati di giallo e non solo.

 A.C.

“E io che c’entro? ” di Mario Pini (Ed. I libri di Mompracem 2022)

14 maggio 2023

FESTA MOBILE di Ernest Hemingway

 

«Se hai la fortuna di vivere a Parigi da giovane, dopo, ovunque passi il resto della tua vita, essa ti accompagna perché Parigi è una festa mobile».

Festa mobile ha proprio il grande valore di far vivere al lettore l’incanto di una città che non passa mai, capace di regalarti emozioni e sensazioni uniche che ti porti sempre dietro, incollate addosso. Il libro, opera postuma dello scrittore (curata dal figlio e dal nipote poi), ci mostra una fotografia fedele degli anni Venti, quando Parigi pullulava di artisti – scrittori, poeti, pittori – che la scrittrice e mecenate Gertrude Stein definì Lost Generation.

Non si tratta di un vero romanzo (anche se c’è una sequenza cronologica nella narrazione dei fatti, dal 1921 al 1926, periodo che Hemingway trascorse nella città europea), ma di una raccolta di “storie” , istantanee, passatemi la suggestione, in cui l’autore come un fotografo raccoglie momenti, periodi, dialoghi e conversazioni, riflessioni, curiosità, dissertazioni letterarie, emozioni e ce le restituisce, trasformandole in una narrativa attenta, elegante e sensibile.

C’è molto del rapporto con la prima moglie Hadley, dove veniamo piacevolmente coinvolti nella loro intimità, assistendo al modo vezzeggiativo di lei nel chiamarlo Tatie, al sostegno e al rispetto del lavoro e delle sue scelte; c’è il periodo bohemien della loro esistenza, dove si è felici e creativi, anche se poveri e spesso con lo stomaco vuoto («La fame è un’ottima disciplina e impari da essa»); c’è tutto il mondo culturale di Parigi che ruota attorno alla figura di Sylvia Beach che dirige la Shakespeare and Company,libreria e biblioteca, dove lo scrittore prendeva i libri in prestito; ci sono le corse dei cavalli e le scommesse, seguite dalle corse in bicicletta, l’interesse per il pugilato, il giornalismo, la passione per lo sci e le vacanze invernali a Schruns in Austria; c’è soprattutto la scrittura, compagna assoluta di vita: «Lassù in quella stanza decisi che avrei scritto una storia su ogni cosa che conoscevo. Cercavo di farlo per tutto il tempo in cui scrivevo ed era una buona e severa disciplina».

Ci troviamo spesso seduti a fianco di grandi artisti, scrittori come Joyce, Fitzgerald, Ford Madox Ford, Ezra Pound, Evan Shipman, pittori come Pascin, Picasso, dove attraverso dialoghi, descrizioni, vissuti esperienziali, ne conosciamo anche il lato più oscuro, umano e non sempre apprezzabile.

Sorprendente scoprire come Scott Fitzgerald fosse fragile, debole e suscettibile all’alcool, tanto da creargli malori improvvisi e paranoie frequenti, e di come fosse dipendente dalla moglie Zelda, gelosa e ostacolante la sua attività letteraria.

Altrettanto straordinario nel capitolo L’acre odore delle bugie, Ford Madox Ford, scrittore dall’alito pestilente, legato alla stanchezza e all’attitudine alla menzogna, dal quale l’autore stesso cercava riparo, tenendosi sopravento: «Aveva un altro preciso odore che non aveva niente a che fare con l’alito e che mi rendeva pressoché impossibile restare in una stanza chiusa con lui. Questo odore si intensificava quando diceva bugie e aveva una qualità dolciastra e acida. Forse era l’odore che emanava quando era stanco».

Nascita di una nuova scuola, scritto in seconda e in prima persona alternati, ci rivela tutta la passione, l’impegno e il rispetto che l’autore nutre verso la Scrittura, così come in Dello scrivere in prima persona, ci regala preziosi consigli sull’uso della prima persona, modalità efficace per coinvolgere, appassionare, e rendere partecipe il lettore.

Ancora più prezioso è ciò che ci svela in Nada y pues Nada: «Nello scrivere ci sono molti segreti. Niente va mai perduto indipendentemente da quel che può sembrare al momento e quello che viene lasciato fuori si vedrà sempre e farà la forza di quello che è rimasto dentro». È il famoso principio dell’iceberg, dove l’importante non è ciò che si vede, ma quello che rimane sotto, nascosto, irrobustendo e rendendo più solido ciò che emerge.

Come in un romanzo però c’è anche il colpo di scena. Nelle pagine finali, dopo aver incontrato tanti personaggi così popolari, di aver fatto la loro conoscenza in un modo ancor più intimo, aver scoperto curiosità e aneddoti che pochi forse conoscono, ecco, che all’improvviso tutte le certezze vacillano. Proprio in Frammenti, abbozzi di incipit introduttivi (anche se alla fine del libro), ci dice che tutto è frutto di fantasia, pur avendo usato personaggi reali, lasciandoci nell’amarezza del dubbio. Ma poi, a una riflessione più attenta, al di là del piacere del “gossip”, non si può fare a meno di apprezzare in tutta questa dovizia e varietà di incipit, lo scrittore, il suo carattere scrupoloso, serio e disciplinato, il suo costante e infinito impegno nel ricercare la parola, le frasi giuste, la continua ricerca di un modo sempre nuovo e migliore nella gamma delle infinite possibilità, la tensione verso la perfezione, obiettivo di tutti i grandi scrittori.

Ne è testimone il periodo: «Non preoccuparti. Hai sempre scritto prima e scriverai adesso. Non devi far altro che scrivere una sola frase vera. Scrivi la frase più vera che conosci».

E alla conclusione di un libro di tale impatto, non si può davvero far altro che rimanerne affascinati, confermando il successo della scrittura di un autore come Hemingway, dove la fortuna ha giocato sicuramente dalla sua parte, ma lui, da esperto giocatore ha saputo fare tutto il resto.

A.C.

Festa mobile di Ernest Hemingway ( 1964 Oscar Mondadori)


01 maggio 2023

IL VELO ROSSO di Manna Parsì


Un diario «per non dimenticare le nostre origini» la forma narrativa scelta dalla scrittrice Manna Parsì, persiana di nascita ma residente in Italia, per denunciare realtà misconosciute, un documento che ci rivela invece in tutta la sua oggettività, la condizione, mentalità, tradizione di un popolo residente in un piccolo villaggio sul Golfo Persico, alla fine degli anni Novanta. Una testimonianza che non segue in maniera vincolata un percorso cronologico ma che, attraverso acrobatici salti temporali, ci tiene ancor più ancorati alla scrittura affinché non si perda il filo della trama (espediente che ho trovato molto stimolante).

Jahan è una ragazzina, ultimogenita di due fratelli e una sorella, che attraverso il ricordo scritto, animato da continui flashback e flashforward, ricerca la verità, ricollocando al loro posto i tasselli mancanti della sua esistenza. La narrazione ha inizio al momento del suo concepimento fino all’età adulta quando, capace di discernere quello che è giusto e lecito, capirà ciò che è suo diritto, cioè vivere e poter scegliere in libertà. Attraverso una scrittura semplice e diretta, la protagonista ripercorre le tappe fondamentali della sua maturazione, l’affetto viscerale che la lega alla madre, il legame con la sorella, il logico e necessario distacco dai fratelli, l’odio verso il padre che picchia e fa piangere la moglie. Nel romanzo la scrittrice sa mettere in evidenza, come un’arma bianca contro la violenza maschile, la solidarietà femminile all’interno del villaggio, dove «le donne sono piene di segreti e di ombre, forse perché non hanno potuto mai parlare liberamente e si sono raccontate tra loro». Attraverso la memoria Jahan cerca e trova il riscatto, il modo per sublimare tutta la rassegnazione, la rabbia e la violenza di un passato al quale è sopravvissuta, insieme alla sorella.

Ciò che colpisce nel romanzo è la profonda e non rimarginabile ferita della condizione della donna iraniana (ma non solo), che nonostante la consapevolezza e l’emancipazione, continua a subire violenze, soprusi, ingiustizie solo per il fatto di essere donna, “oggetto” da sottomettere, sfruttare, usare a piacimento dell’uomo e del suo desiderio. Incredibile, come possa esistere una tale idea, nonostante il progresso etico e ideologico raggiunto, non posso fare a meno di aggiungere, anche se è un pensiero scontato.

La scrittrice riesce con una sensibilità unica e coinvolgente a regalarci una fotografia nitida, uno spaccato tangibile di questa realtà così piena di sofferenza, crudeltà, vessazioni, che difficilmente riusciremo a dimenticare dopo la lettura.

Una scrittura che arriva direttamente al cuore, che commuove e fa riflettere sull’ anacronistica condizione femminile e su qualsiasi forma di violenza e sopraffazione. Una lettura stimolante, dallo stile essenziale, diretto, senza inutili orpelli, senza veli rossi imposti (il velo ornamentale destinato alle spose iraniane) che intende focalizzare l’attenzione sul valore dei diritti umani, quelli che non conoscono ingiustizia di genere, nella speranza di un mondo più accogliente, senza violenze, guerre e conflitti, di una riconciliazione sociale e umana, dove sia possibile vivere secondo il proprio sentire e nella piena libertà di agire e scegliere.

A.C.