Ho da poco terminato Norvegian
Wood, la proposta mensile del gruppo di lettura, una scelta molto azzeccata
e felice.
Si tratta di un romanzo giovanile che l’autore scrisse
nel 1987 e che lui stesso definì un libro molto personale. Fu scritto non in Giappone ma durante un viaggio,
iniziato a Mikonos (la prima parte) per essere terminato alla periferia di
Roma, con un breve intervallo in
Sicilia. Forse è anche per questo che non si respira propriamente l’atmosfera
nipponica di altri suoi romanzi, calato perlopiù in un ambiente neutro, una
sorta di non luogo (forse perché non
funzionale alla storia), anche se i personaggi si muovono nel rispetto dei modi
e usanze del loro paese.
Molto diverso dai romanzi che caratterizzano la letteratura
e lo stile di Murakami (mi vengono in
mente 1Q84 o Kafka sulla spiaggia - le altre due opere che ho letto dell’autore
- che vedono l’esistenza di due mondi paralleli dove sogno e realtà scorrono
sullo stesso piano ma su binari paralleli e l’irreale appare perfettamente
plausibile).
Norwegian Wood inizia
con un flashback che il protagonista narra in prima persona, stimolato dalla
canzone dei Beatles “Norwegian Wood”, che lo riporta ai tempi della sua
adolescenza. È un romanzo che si attiene al reale, mi viene voglia di definirlo
un romanzo di formazione, di educazione sentimentale e iniziazione
sessuale, di crescita individuale di
un ragazzo, un giovane studente universitario che lascia la famiglia per
frequentare il collegio e farsi strada da solo nella vita. Si potrebbe fare un
parallelismo con i giovani personaggi de Il
giovane Holden di Singer, Chiedi
alla polvere di Fante, L’amico
ritrovato di Hulmann, insomma di tanta letteratura europea e americana. È
un libro che consiglierei a ogni adolescente.
Si, perché Norwegian Wood è un libro che parla
soprattutto di adolescenza, una fase
importante e difficile nella vita di ogni essere umano, momento fondamentale
nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, dalla dipendenza all’autonomia, dal
seguire le regole dettate dagli adulti al trovarsi le proprie. Ed è proprio
questo il percorso del protagonista, scoprire il mondo, trovarsi la propria
strada nell’esperienza col mondo stesso, crescere e vivere, che non è cosa così
facile e scontata. Qui gli adolescenti affrontano problemi più grandi di loro,
difficoltà e ostacoli che li portano a crescere rapidamente come Midori che
assiste suo padre in un letto di ospedale dopo aver perso la madre per la
stessa patologia.
Watanabe Toru è un ragazzo molto particolare, che si
distingue dalla massa, estraneo e distaccato dalle ribellioni sociali e
studentesche di un fervente 1968, sensibile, profondo, riflessivo, malinconico
nell’approccio alla vita e alle persone. Altrettanto caratteristici sono i
personaggi che ruotano attorno a lui: Kizuki,
il suo più grande amico che morirà suicida a soli diciassette anni; Naoko la ragazza di entrambi,
emotivamente debole; Midori la
compagna di università dal carattere solare ed esplosivo; Nagasawa, l’amico anticonformista e determinato che condivide con
Toru la passione per la letteratura americana ( in particolare il Grande
Gatsby) e per le donne; Reiko,
l’amica trentenne che vive nell’istituto di riabilitazione insieme a Naoko,
uscita dal vortice della depressione e che adesso aiuta e sostiene i più deboli
grazie anche all’aiuto terapeutico della musica, che insegna. Colorano la scena
altri personaggi secondari come Sturmtruppen compagno di stanza di
Toru, con le sue manie di
perfezione, pulizia e igiene, il dottore/paziente nella clinica di Naoko con le
sue riflessioni bizzarre e astratte, il padre di Midori, confinato in un letto
d’ospedale… (Vi lascio solo un’impronta dei personaggi per invogliarvi a questa
interessante lettura).
Spunti di riflessioni e approfondimento non mancano, come
quello salvifico dell’amore, ancora
di salvezza che impedisce il naufragio del corpo e dell’anima. Ma anche l’amicizia ha il suo ruolo di aiuto, per
il potere di creare unione, solidarietà, partecipazione contrapponendosi alla solitudine. Solitudine che, se sana e
creativa genera la bellezza nell’ Arte, ma quando distruttiva porta all’
isolamento, alienazione, disperazione, responsabili di tanti suicidi.
È infatti il tema del suicidio
il filo sottile che intreccia tutta la trama: il suicidio dell’amico
lascerà in Toru un’indelebile eredità: «la morte non è l’opposto della vita, ma una sua
parte integrante…. Fino ad allora io avevo sempre considerato la morte come una
realtà indipendente, completamente separata dalla vita. La vita di qua, la
morte di là. Ma a partire dalla notte in cui morì Kizuki, non riuscii a vedere
in modo così semplice la morte (e la vita). La morte non era più qualcosa di opposto alla vita. La morte era già
compresa intrinsecamente nel mio essere… nel pieno della vita tutto ruotava
attorno alla morte».
La malattia mentale,
quel mondo in cui il confine tra follia e genio è sottile, quella dimensione in
cui spesso si collocano i deboli, coloro che non hanno la forza di lottare e di
trovare un proprio spazio o ruolo, è un
altro tema presente e costante che evidenzia il mal di vivere di questi giovani
e non solo.
Tanti i riferimenti
musicali, partendo dai Beatles la cui canzone dà il titolo al libro - ma
anche sconosciuti ( almeno per me) come Tony Bennet, Bud Powell, Sarah Vaughan,
Ornette Coleman… (sono solo alcuni)- spaziando dalla musica classica, alla
musica occidentale degli anni settanta, musica jazz, blues, bebop, ecc… è stato
stimolante ricercare e ascoltare i brani mentre anche gli stessi personaggi l’ascoltano.
Anche questa è una magia della lettura.
Interessante il trio di figure femminili così diverse tra
loro: Naoko lunare, malinconica,
chiusa, introversa, meditativa, profonda, cerebrale, complessa; Midori, solare, espansiva, gioiosa,
istintiva, diretta, attiva, energica, leggera ma non superficiale; Reiko che sembra racchiudere con
l’esperienza passata, entrambe le caratteristiche delle due giovani, costruendo
sé stessa grazie a un atteggiamento resiliente nei confronti della vita stessa
(la figura femminile che più ho amato rappresentando colei che ha volto lo
sguardo verso la luce anziché al buio e che nonostante la malattia mentale è
riuscita a salvarsi: Reiko rappresentante la vittoria, la capacità di risalire la
china ritrovando il suo posto nel mondo nonostante le avversità e lo farà aiutando gli altri e nello stesso tempo sé stessa).
Un libro che a questo punto è scontato dire «Leggetelo»,
stimolante, scorrevole, appassionante, drammatico e allegro, che mi ha riportato
indietro nel tempo, all’epoca in cui tutto e niente sembrava possibile.
A.C.
Murakami Haruki “ Norwegian Wood- Tokyo Blues” Einaudi 2006