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14 maggio 2023

FESTA MOBILE di Ernest Hemingway

 

«Se hai la fortuna di vivere a Parigi da giovane, dopo, ovunque passi il resto della tua vita, essa ti accompagna perché Parigi è una festa mobile».

Festa mobile ha proprio il grande valore di far vivere al lettore l’incanto di una città che non passa mai, capace di regalarti emozioni e sensazioni uniche che ti porti sempre dietro, incollate addosso. Il libro, opera postuma dello scrittore (curata dal figlio e dal nipote poi), ci mostra una fotografia fedele degli anni Venti, quando Parigi pullulava di artisti – scrittori, poeti, pittori – che la scrittrice e mecenate Gertrude Stein definì Lost Generation.

Non si tratta di un vero romanzo (anche se c’è una sequenza cronologica nella narrazione dei fatti, dal 1921 al 1926, periodo che Hemingway trascorse nella città europea), ma di una raccolta di “storie” , istantanee, passatemi la suggestione, in cui l’autore come un fotografo raccoglie momenti, periodi, dialoghi e conversazioni, riflessioni, curiosità, dissertazioni letterarie, emozioni e ce le restituisce, trasformandole in una narrativa attenta, elegante e sensibile.

C’è molto del rapporto con la prima moglie Hadley, dove veniamo piacevolmente coinvolti nella loro intimità, assistendo al modo vezzeggiativo di lei nel chiamarlo Tatie, al sostegno e al rispetto del lavoro e delle sue scelte; c’è il periodo bohemien della loro esistenza, dove si è felici e creativi, anche se poveri e spesso con lo stomaco vuoto («La fame è un’ottima disciplina e impari da essa»); c’è tutto il mondo culturale di Parigi che ruota attorno alla figura di Sylvia Beach che dirige la Shakespeare and Company,libreria e biblioteca, dove lo scrittore prendeva i libri in prestito; ci sono le corse dei cavalli e le scommesse, seguite dalle corse in bicicletta, l’interesse per il pugilato, il giornalismo, la passione per lo sci e le vacanze invernali a Schruns in Austria; c’è soprattutto la scrittura, compagna assoluta di vita: «Lassù in quella stanza decisi che avrei scritto una storia su ogni cosa che conoscevo. Cercavo di farlo per tutto il tempo in cui scrivevo ed era una buona e severa disciplina».

Ci troviamo spesso seduti a fianco di grandi artisti, scrittori come Joyce, Fitzgerald, Ford Madox Ford, Ezra Pound, Evan Shipman, pittori come Pascin, Picasso, dove attraverso dialoghi, descrizioni, vissuti esperienziali, ne conosciamo anche il lato più oscuro, umano e non sempre apprezzabile.

Sorprendente scoprire come Scott Fitzgerald fosse fragile, debole e suscettibile all’alcool, tanto da creargli malori improvvisi e paranoie frequenti, e di come fosse dipendente dalla moglie Zelda, gelosa e ostacolante la sua attività letteraria.

Altrettanto straordinario nel capitolo L’acre odore delle bugie, Ford Madox Ford, scrittore dall’alito pestilente, legato alla stanchezza e all’attitudine alla menzogna, dal quale l’autore stesso cercava riparo, tenendosi sopravento: «Aveva un altro preciso odore che non aveva niente a che fare con l’alito e che mi rendeva pressoché impossibile restare in una stanza chiusa con lui. Questo odore si intensificava quando diceva bugie e aveva una qualità dolciastra e acida. Forse era l’odore che emanava quando era stanco».

Nascita di una nuova scuola, scritto in seconda e in prima persona alternati, ci rivela tutta la passione, l’impegno e il rispetto che l’autore nutre verso la Scrittura, così come in Dello scrivere in prima persona, ci regala preziosi consigli sull’uso della prima persona, modalità efficace per coinvolgere, appassionare, e rendere partecipe il lettore.

Ancora più prezioso è ciò che ci svela in Nada y pues Nada: «Nello scrivere ci sono molti segreti. Niente va mai perduto indipendentemente da quel che può sembrare al momento e quello che viene lasciato fuori si vedrà sempre e farà la forza di quello che è rimasto dentro». È il famoso principio dell’iceberg, dove l’importante non è ciò che si vede, ma quello che rimane sotto, nascosto, irrobustendo e rendendo più solido ciò che emerge.

Come in un romanzo però c’è anche il colpo di scena. Nelle pagine finali, dopo aver incontrato tanti personaggi così popolari, di aver fatto la loro conoscenza in un modo ancor più intimo, aver scoperto curiosità e aneddoti che pochi forse conoscono, ecco, che all’improvviso tutte le certezze vacillano. Proprio in Frammenti, abbozzi di incipit introduttivi (anche se alla fine del libro), ci dice che tutto è frutto di fantasia, pur avendo usato personaggi reali, lasciandoci nell’amarezza del dubbio. Ma poi, a una riflessione più attenta, al di là del piacere del “gossip”, non si può fare a meno di apprezzare in tutta questa dovizia e varietà di incipit, lo scrittore, il suo carattere scrupoloso, serio e disciplinato, il suo costante e infinito impegno nel ricercare la parola, le frasi giuste, la continua ricerca di un modo sempre nuovo e migliore nella gamma delle infinite possibilità, la tensione verso la perfezione, obiettivo di tutti i grandi scrittori.

Ne è testimone il periodo: «Non preoccuparti. Hai sempre scritto prima e scriverai adesso. Non devi far altro che scrivere una sola frase vera. Scrivi la frase più vera che conosci».

E alla conclusione di un libro di tale impatto, non si può davvero far altro che rimanerne affascinati, confermando il successo della scrittura di un autore come Hemingway, dove la fortuna ha giocato sicuramente dalla sua parte, ma lui, da esperto giocatore ha saputo fare tutto il resto.

A.C.

Festa mobile di Ernest Hemingway ( 1964 Oscar Mondadori)