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02 maggio 2025

L’ANNIVERSARIO di Andrea Bajani

 


Una scrittura davvero potente, lucida e spietata, in cui lo scrittore affronta una tematica difficile come quella dei rapporti familiari e delle loro dinamiche, analizzandoli come alla lente di un microscopio, con minuzia e attenzione. Un romanzo originale dal punto di vista stilistico, ricco di sequenze riflessive – quelle che piacciono a me – che scavano, indagano nella psiche dei personaggi riconsegnandoceli nella loro complessità e interezza.

Narrato in prima persona dal protagonista- scrittore, la prima domanda che da lettrice mi sono fatta è: “Ma è autobiografico?” Anche se, in fondo, questo elemento non è così indispensabile. Ogni autore si prende il diritto di rappresentare ciò, quando, dove e come vuole: rendere una storia reale e vera anche quando non lo è. È questa la grande magia della scrittura.

Il tema fondamentale, già presente nell’incipit, è la separazione, il distacco improvviso (all’apparenza) di un figlio quarantenne che taglia i ponti con la famiglia d’origine. L’immagine sulla soglia di casa della madre che chiede: «Tornerai a trovarci?» con l’acuto presentimento che qualcosa si è rotto definitivamente è potente. Tutto il romanzo ruota attorno a questa rottura, fonte di paura se non terrore, sviscerata, demonizzata, sperata, con quell’uscita di scena semplice ma tanto sofferta.

Perché una separazione così innaturale? Che mostro nasconde questa famiglia piccolo- borghese, trasferitasi negli anni Settanta da Roma in un paese poco distante da Torino? Sono domande  che il lettore fin dalle prime pagine non può fare a meno di porsi.

L’autore ci risponde,  descrivendo, con giusta suspence e delicatezza, ciò che si nasconde a volte anche nella “migliore” famiglia: episodi di violenza domestica, quella poco rumorosa, capace però di provocare  danni profondi, a volte irreparabili.

Andrea Bajani affronta questa tematica – purtroppo così attuale  – senza spettacolarismi né vittimismi ma rappresentando in modo oggettivo i fatti, illustrandoli nella loro concretezza, approfondendone i meccanismi, cercando motivazioni  e possibili vie di uscita.

Ne emerge un quadro estremamente realistico in cui si toccano questioni basilari come l’emancipazione femminile, il potere del patriarcato e la gabbia emotiva in cui alcune persone restano imprigionate e compromesse forse, per troppa sensibilità.

Nel romanzo ha un ruolo di spessore la madre, analizzata, scomposta in tanti frammenti con uno studio accurato ma distaccato, quasi fosse un’estranea. Emerge una donna eterea, priva di sostanza, che come un fantasma si muove ai margini dell’ambiente familiare, all’ombra del marito, sempre un passo dietro. Un’esistenza invisibile,  senza una propria identità, vissuta in funzione degli altri: moglie, madre, figlia e mai donna, se non in sporadici tentativi subiti repressi.

A seguire il padre: luce accecante che mette in ombra tutto il resto, una figura pesante, autoritaria, ingombrante.

Infine la sorella, che sceglie l’assenza e il rimprovero al fratello sulla sua presa di posizione nei confronti  del padre.

Tocca al protagonista assumersi tutto il fardello di incomprensione familiare, dall’esterno, quasi non facesse parte della stessa istituzione, per acquisire consapevolezza,  serenità e fare finalmente pace con sé stesso.

Ma chi è davvero il vincitore, se di vincita o sconfitta si può parlare? Chi rivendica il proprio diritto con la violenza o chi invece lo fa col silenzio e la remissione? Chi aspira a qualcosa di più o chi si accontenta? Chi resta o chi se ne va? Quale anniversario c’è da festeggiare, in un simile contesto?

Lo scoprirete voi, lettori, se leggerete questo meraviglioso romanzo, una lettura impegnativa per struttura e tematica, una sintassi  originale, costruita su periodi articolati ma efficaci. Un libro destinato a coloro che amano l’introspezione nella narrativa, meritevole della candidatura al Premio Strega.

L’anniversario” di Andrea Bajani ( ed Feltrinelli 2025)

12 aprile 2025

LE CATILINARIE di Amélie Nothomb

 

Terza lettura della Nothomb, e ancora non mi ha stancato, grazie alla sua scrittura sottile, pungente, ironica, insomma una garanzia che continuerò a esplorare.

Ancora una volta l’autrice ci sorprende col titolo. Leggo su Treccani a proposito del significato di catilinaria: “Violenta e acerba invettiva scritta o pronunciata contro qualcuno” in riferimento alle quattro orazioni di Cicerone contro Catilina. E proprio di attacchi verbali e molto di più si parla in questo breve ma intenso romanzo della scrittrice.

Due coniugi anziani, Émile professore di latino in pensione e Juliette, decidono di trascorrere gli ultimi anni di vita in campagna in una casetta isolata dal resto del mondo, definita da loro stessi la Casa, con la maiuscola. Solo un’altra abitazione al di là del fiume, dove vivono un medico e la moglie. Poco disturbo, anzi, considerando i vantaggi nel caso di un bisogno terapeutico.

I due cominciano il loro idilliaco soggiorno nella nuova dimora, felici come non mai, per la pace e la serenità conquistate. Ma la quiete presto sarà turbata dal medico, Palamède Bernardine, sorprendentemente obeso e taciturno, che ogni pomeriggio alle 16, senza spiegazione alcuna, fa irruzione nella loro Casa, piazzandosi sulla poltrona del soggiorno, accettando la cortesia di una tazza di tè, fino alle 19 in punto. Non c’è fine al peggio, momento in cui entrerà in scena anche la signora Bernardine, anch’essa obesa e con qualche problema in più.

Ma chi è questo vicino così ingombrante e anomalo per essere un medico e quali ragioni regolano il suo assurdo comportamento? Non ci aiuta certo a capirlo il dialogo che Émile tenta di instaurare con lui, le cui risposte categoriche, sì e no, fomentano ancor di più l’angoscia e le perplessità del povero Émile. In questa spietata invasione, il protagonista si interroga, analizza i suoi e i comportamenti altrui, facendo insolite scoperte.

Scritto in prima persona dal punto di vista di Émile, il racconto procede con ritmo e tensione, coinvolgendo e mantenendo viva e costante l’attenzione del lettore.

Un libro ironico, tipico della scrittrice, che non si limita a narrare e rappresentare i fatti ma che scava nella psiche dei suoi personaggi restituendoceli poliedrici, reali, profondamente umani nella loro complessità. Una storia davvero intrigante che ci tiene sospesi fino alla fine, nonostante la semplicità della trama, e che ci conferma ancora una volta la capacità narrativa e stilistica della scrittrice.

Consigliato a chi ama la letteratura che gioca con il non detto e trasforma l’ordinario in inquietante.

Le Catilinariedi Amélie Nothomb ( ed. Guanda 1995)         

16 marzo 2025

STUPORE E TREMORI di Amélie Nothomb

 

“Finché esisteranno le finestre, l’essere umano più umile della terra avrà la sua parte di libertà”

Stupore e tremore nell’antico protocollo imperiale nipponico, era il giusto atteggiamento con cui i sudditi si dovevano rivolgere all’Imperatore. La stessa postura è quella che assume la protagonista del romanzo, la stessa Amélie Nothomb, trattandosi di un racconto autobiografico.

La venticinquenne Amélie, di origine belga ma nata a Kōbe, viene assunta a contratto per un anno, in una grande azienda giapponese Yumimoto. Qui conoscerà la rigida piramide gerarchica, ne scoprirà le regole comprenderà il suo posto e i meccanismi del sistema giapponese. Attraverso una attenta e scrupolosa osservazione, intuirà chi si nasconde dietro il prestigio dei suoi superiori, ne scoprirà la forza e la debolezza, la cattiveria e la bontà, la bassezza e la magnanimità.

Nel suo lento e ostacolante inserimento, subirà continue retrocessioni, ma solo all’apparenza: «Il colmo del sadismo del sistema sta nella sua contraddizione: rispettarlo porta a non rispettarlo». Amélie, asseconda i suoi persecutori, accetta le loro assurde richieste, i loro capricci, la loro convinzione che sia un’incapace, addirittura stupida. Viene umiliata per la sua occidentalità, esclusa, isolata. Anche la stessa Fabuki, suo capo diretto, invece di sostenerla (anche per solidarietà femminile) coglie invece ogni pretesto per denigrarla, deriderla e sottometterla. Solo pochi impiegati negli uffici collaterali riconoscono il valore di Amélie, e tentano di farla crescere, finendo a loro volta puniti dai superiori che continueranno nella loro battaglia oltraggiosa in modi sempre più spietati.

Amélie incassa i colpi, trovando un modo tutto suo di reagire, esaltandosi per ogni angheria subita, trovando il lato positivo in ogni cosa. Come quando si affaccia alle bellissime ed enormi vetrate del quarantaquattresimo piano, dominando tutta la città e immaginandosi in volo da quella’altezza vertiginosa. Quante defenestrazioni in quell’anno di lavoro!

Amélie affronta ogni compito con sarcasmo e ironia , anche quelli più assurdi e inutili, fino all’ultimo, il più degradante. Ma ancora una volta riuscirà a non soccombere, preparandosi alla rivincita.

In tutto il libro pervade un sottile sarcasmo. Nonostante le ingiustizie che fanno stringere i pugni al lettore, è impossibile non sorridere davanti ai geniali espedienti di sopravvivenza della protagonista.

Non mancano colpi di scena a pareggiare e riportare in equilibrio questo sistema perverso. Se volessimo trovare un esempio di resilienza, questo racconto potrebbe esserne la metafora perfetta.

Il libro offre un vivido spaccato della realtà giapponese degli anni Ottanta, esplorando la mentalità nipponica, il loro rigore, la condizione della donna in un mondo maschile che la vuole repressa, bella, parsimoniosa, madre e sempre disposta al sacrificio, anche se la riconosce intelligente. Tra i pochi diritti femminili «In Giappone il suicidio è un atto molto onorevole» ricorda la protagonista, alias Nothomb e rivolgendosi alle donne: «Se può consolarti, nessuno ti considera meno intelligente di un uomo. Sei brillante, la cosa è sotto gli occhi di tutti, anche di quelli che ti trattano tanto bassamente. A pensarci bene, però, è davvero una consolazione? Almeno se ti ritenessero inferiore, il tuo inferno avrebbe una spiegazione… ». Mentre per l’uomo: «il nipponico maschio, lui non è represso… possiede uno dei diritti umani fondamentali: quello di sognare, di sperare».

Ancora una volta Amélie Nothomb non mi ha delusa, anzi, in questo romanzo ho scoperto una scrittura ancor più originale, ironica, pungente rispetto all’ultima lettura Cosmetica del nemico.  

Continuerò a seguirla, con stupore e tremore, perché no?.

“Stupore e tremori” di Amélie Nothomb ( ed.Guanda 2000)

23 febbraio 2025

COSMETICA DEL NEMICO di Amélie Nothomb

 

“Il rischio è la vita stessa. Non si può rischiare altro che la propria vita. E se non la rischi, non la vivi”.

Amélie Nothomb è stata una sorprendente scoperta. Questa scrittrice belga contemporanea, che vive a Parigi, ha dato vita a un romanzo dal titolo enigmatico, il cui senso sfugge a una prima lettura, ma che risuona con una certa musicalità. La “Cosmetica” a cui la Nothomb si riferisce non è quella del make up che migliora l’estetica di un volto, ma «la scienza dell’ordine universale, la morale suprema che determina il mondo». In altre parole, principi, valori e convinzioni che muovono un individuo, nella fattispecie,  un nemico.

24 marzo 1999. In aeroporto un uomo d’affari, Jérôme Angust, ascolta all’altoparlante il ritardo del proprio volo per Barcellona. Esasperato per la prospettiva di rimanere in attesa per un tempo indefinito, aprirà un libro con la speranza di dimenticare l’imprevisto, ma la voce ossequiosa di un passeggero sedutosi accanto, lo distoglierà dall’intento. Lo sconosciuto si presenta come Textor Texel e da quel momento Jérôme  sarà catturato da lui, senza riuscire più a interrompere quella fastidiosa e irriverente conversazione, condotta con sagacia dal misterioso personaggio. Chi è Textor Texel, dal nome tanto bizzarro, così sfrontato da confessare anche le sue colpe, aver violentato e ucciso una donna? Eppure non è un folle, lo dimostra la sua consapevolezza «Per me un pazzo è un individuo i cui comportamenti sono inspiegabili. E i miei li posso spiegare tutti». Perché sembra conoscere così bene Jérôme? Un vecchio compagno di scuola, forse? Oppure un malato di mente, un maniaco di cui lui sarà la prossima vittima?

Sono interrogativi che noi lettori ci chiederemo fino alla fine, quando si svelerà finalmente l’enigma. Eppure qualche indizio la Nothomb prova a darcelo attraverso le parole del molestatore stesso. «Io credo nel nemico […]. Le prove dell’esistenza del nemico interiore sono evidenti e quelle del suo potere schiaccianti. Credo nel nemico perché, tutti i giorni e tutte le notti, lo incontro sul mio cammino». Oppure: «C’è solo un sistema legale di farmi tacere: è parlare. Non se lo dimentichi. Questo potrebbe salvarla».

Un thriller sottile psicologico (e filosofico) che ci tiene sospesi fino all’ultima pagina.  

Una storia ben costruita dove il dialogo concitato tra i due interlocutori tocca vertici alti; un dialogo sulla vita e sulla morte che sembrano non conoscere confine, sulla lotta tra il bene e il male, sulla natura dualistica dell’uomo, sulla spiritualità.

Il dialogo è la sequenza predominante se non assoluta del romanzo, un botta e risposta serrato, un’alternarsi di battute, essenziali per capire, senza capirlo, il sorprendente epilogo, una rivelazione tragica, drammatica che tocca alte punte di ironia, cinismo, fino al paradosso.

Una scrittura potente, diretta e incisiva, essenziale. L’ho amata e sono certa che amerò anche le prossime letture dell’autrice, che ho già a disposizione.

Cosmetica del nemico” di Amélie Nothomb ( ed Voland 2003)

08 giugno 2023

LA VITA FINO A TE di Matteo Bussola

 


Devo ringraziare la mia amica Caterina per il consiglio di lettura, perché non conoscendo l’autore, l’immagine della coppia sullo sfondo di una piazza in copertina (molto bella senza dubbio) non avrebbe catturato il mio interesse relegando il libro al genere romantico/sofferto  ̶  un lui e una lei che si amano  ̶  e che, come si evince dal titolo, presuppone una destinazione felice. Devo però ammettere il mio errore (e presunzione), perché le cose non stanno affatto così, l’amore domina il testo è vero, è un punto focale del romanzo, ma non è solo ed esclusivamente questo.

Nel libro non c’è una trama nel senso comune del termine, ma molte trame, storie che si collegano sul grande scenario della Vita, il cui tessuto è ordito col filo del sentimento. Un romanzo e al contempo una raccolta di brevi racconti, dalla scrittura fluida, intensa, rinfrescante, che mi sono bevuta con piacere in poche ore. E questo grazie alla capacità empatica, al modo diretto e colloquiale dell’autore, agli aneddoti divertenti, ai frequenti e piacevoli viaggi temporali negli anni settanta che rappresentano anche l’epoca della mia gioventù. Mi ha sorpreso quel suo autodefinirsi un fumettista (per passione) più che uno scrittore (per denaro), perché non sono riuscita a vedere l’aspetto venale della sua prosa, che avverto invece autentica e sincera. Non conosco le sue qualità di disegnatore ma le sue abilità di scrittore sono senza dubbio notevoli, proprio in merito a questa capacità di conquistare e coinvolgere emotivamente il lettore.

La  narrativa sa essere incalzante (in prima persona, a volte in seconda), avvolgente, profonda, ricca di spunti di riflessione, meditazioni, dubbi e certezze che ci riguardano, quesiti per chi (come me) si interroga di continuo, che cerca risposte a ogni domanda, che non si basta mai.

C’è tanto Amore (come dicevo), sentimento che può offrire opportunità: «L’amore è piuttosto diventare un’occasione l’uno per l’altra. Quella di comprendere il diverso da noi, quel diverso che però ci portiamo anche dentro. E di riconoscerlo. E di accettarlo. E di imparare il significato, ogni giorno». L’amore come occasione, come casualità, mondi distanti che si incontrano e si confrontano: «Gli amori migliori, quelli davvero inaffondabili, uniscono spesso geografie umane distanti, sono quelli che nessuno riesce a spiegarsi il perché e sulla carta non gli avresti dato due soldi. Eppure». L’amore come accoglienza, come riconoscimento della diversità, senza abnegazioni o vittimismi, da trasformare in un punto di forza e novità: «Il punto non è rinunciare a essere sé stessi, annullandosi in una relazione, ma trovare l’elemento giusto che si combina con te e si valorizza».

C’è il Maschile e Femminile a confronto e la presunzione dell’uomo di sentirsi superiore, causa di tanta violenza, purtroppo cronaca quotidiana, su cui dovremmo soffermarci a riflettere e a trovare soluzioni immediate: «Le donne non sono tanto la metà del cielo che ci manca, ma quella che ci mette in comunicazione con una parte di noi, che troppo spesso ci neghiamo, e questa parte non sta né in cielo né in Terra, ma ben nascosta dentro, seppellita sotto tonnellate di stronzate. Per questo le donne non ci completano, ma ci cominciano, mentre noi uomini invece a volte le finiamo, ed è questa la vera tragedia».

Non manca il tema del viaggio, una modalità di realizzare la consapevolezza che «ogni posto, con un po’ di impegno, potrebbe diventare casa tua[…]. Questo cambia la tua visione del mondo, l’approccio a luoghi e persone, ma ti fa anche capire che casa tua rimane quel posto dove non c’è solo la bellezza che ti capita ma principalmente quella che hai scelto, quella che è lì proprio perché tu la vuoi».

Un libro che ci regala scene di vita quotidiana, la nostra, sostenuta da bellissime descrizioni, che vanno oltre l’ovvietà del quotidiano, senza quel velo di banalità che le caratterizza. Tutto ciò che ci accade diviene unico e straordinario, se sappiamo coglierne il senso e la bellezza. Se poi l’affrontiamo con ironia (il libro ne è pieno), col sorriso anche nelle vicende più dolorose, con  piglio leggero ma profondo, vivremmo decisamente meglio e più appagati.

La vita ci mette ogni giorno di fronte a prove, occasioni per sfoderare il carattere e far chiarezza con noi stessi: «Se avessimo più coraggio nel dire agli altri chi siamo, dichiarare la nostra condizione senza tanti infingimenti, evitando di raccontarci storie, forse vivremo con meno paure».

Non manca una visione positiva, ottimista sull’esistenza di ogni essere umano legata alle proprie scelte, al libero arbitrio e provo sollievo pensando che, come dice l’autore «La vita, se la ascolti bene e al netto delle tempeste, alla fine ti porta sempre sulla tua isola, precisamente nel luogo in cui devi trovarti».

Una lettura stimolante che ci lascia un buon sapore in bocca, come quando beviamo un ottimo vino, e ci gira un po’ la testa, quel tanto che basta per percepire forme, colori, dettagli che nella sobrietà non riusciremmo a cogliere e ad apprezzare.

A.C.

La vita fino a te di Matteo Bussola (Einaudi 2018)