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11 giugno 2024

FAUSTO E ANNA di Carlo Cassola

 

Un inno all’amore contro la guerra

Anni Trenta, la storia si svolge tra Volterra, Val di Cecina e Grosseto. Anna e Fausto due giovani di estrazione borghese, si innamorano e si amano. Anna, ragazza semplice, vivace, spigliata, leggera ma non superficiale, intraprendente e sentimentale; Fausto aspirante scrittore, romano d’origine, intellettuale, ateo, più misurato perché concentrato “sul recitare la parte”, riflessivo e con un mondo interiore ricco e complesso abitato dalle influenze e dagli ideali politici del suo tempo. Una relazione un po’ movimentata la loro, che dopo ripetuti alti e bassi, si interromperà, portandoli alla separazione. Fausto tornerà a Roma e Anna conoscerà Miro e si sposerà. Fausto avrà altre donne (conosciute nelle case di tolleranza) senza incontrare il vero amore (idealizzato in Anna)e si dedicherà alla politica, diventando partigiano.

Il romanzo appare diviso in due: una prima parte idilliaca, in cui prevale la favola d’amore, l’atmosfera incantevole della relazione tra i due giovani sebbene a tratti altalenante, in una Volterra bucolica, ben rappresentata e descritta. La seconda parte invece, si fa più cruda, più realistica, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che trasforma lo scenario in una campo di battaglia, vedendo Fausto, impegnato politicamente nella Resistenza, come partigiano insieme ad altri compagni.

Un romanzo di formazione (considerando e il percorso di maturazione e lo sviluppo ideologico dei due protagonisti), dal carattere sociale e storico, ma anche autobiografico, in cui riconosciamo in Fausto, l’autore stesso che si affiancò anch’egli ai partigiani, partecipando attivamente alla Resistenza contro il governo nazifascista. ». Un percorso di crescita e maturazione ideologica, in cui l’esperienza  ci insegna e ci trasforma, proprio come accade ai nostri protagonisti.

Cassola però non ci mostra il movimento in maniera eroica ed esaltante, bensì, in una dimensione molto più realistica, piena di incertezze e dubbi, come quando ci descrive Fausto di ritorno fra i partigiani e «ne ebbe l’impressione della prima volta, un’ impressione di tristezza, di squallore, di sciagurataggine», tanto da non credere «che il comunismo potesse rendere migliore il mondo

L’autore fu anche accusato in questo libro di schierarsi contro la Resistenza, critica smentita da lui stesso nella nota a fine romanzo. Un testo particolarmente difficile per lo scrittore, che fu costretto più volte a correggerlo e revisionarlo dal punto di vista stilistico e ideologico perché rifiutato dalle molte case editrici.

Personalmente ci ritrovo questo suo sentire, il valutare in maniera oggettiva la sua epoca, riflettere e vedere senza esagerate celebrazioni, orientamenti politici, ideali e tendenze, riportate invece in maniera concreta e con sincera passione e coinvolgimento intellettivo ed emotivo.

Una prosa fluida, dai dialoghi chiari, semplici ma ben strutturati che alleggeriscono la narrazione a tratti anche troppo dilatata e particolareggiata.

Una lettura comunque fortemente attuale, un inno all’amore contro la guerra, un monito che non dovremo mai stancarci di ripetere:« La guerra distrugge, non produce. Come mai  i capi non capiscono? Non dovrebbero mai fare la guerra. Non ci dovrebbero esser guerre. Ciascuno a casa sua, a lavorare in pace».

Come le commoventi parole del partigiano caduto, che sembrano uscire dalle sue labbra ormai immobili: «Era un gioco molto bello, questo della guerra […] Ma, vedete, non era un gioco la guerra. Ci siamo sbagliati. Guardate i miei occhi vitrei, la bava sanguigna che mi esce dalla bocca, e quest’orribile colore giallo sparso per tutto il mio corpo! Credevamo di giocare, ed era invece una cosa terribile, spaventosa! Smettete, ragazzi, voi che siete in tempo!».

“Fausto e Anna” di Carlo Cassola ( Oscar Mondadori 2012)

01 maggio 2024

LE RAGAZZE DI SANFREDIANO di Vasco Pratolini

 

Leggere “Le ragazze di Sanfrediano” più che una lettura, è un’esperienza virtuale nel quartiere di Sanfrediano nel dopoguerra, in una nazione appena liberata dal fascismo, animata e sostenuta dagli ideali partigiani, di libertà, democrazia e giustizia sociale. San Frediano è il rione Diladdarno, dove la vita scorre frenetica nelle strade e nei vicoli, nelle botteghe artigiane, sulla soglie delle case, tra schiamazzi di ragazzini e massaie che dialogano dalle finestre spalancate delle abitazioni, tra il frastuono delle motociclette e i rintocchi  delle campane del Cestello che scandiscono le ore.

Bob, il cui vero nome è Aldo Sernesi, ma che si fa chiamare Bob per la somiglianza con il divo Robert Taylor, fa strage di cuori nel quartiere «che è tutta la sua vita, una riserva di caccia tutta sua particolare». Le ragazze - Gina, Bice, Mafalda, Silvana, Tosca e Loretta - gli corrono dietro come api al miele, e lui, intreccia una relazione con ciascuna di loro, «perché le ragazze rappresentano il suo vero sport, la sua arte, e la sua religione» pronto però a dimenticarsene non appena la ragazza in questione esce dal suo campo visivo. Bob sembra sincero quando dichiara il suo amore, sente di amarle tutte e nessuna, ma non sa decidersi a scegliere «poiché Bob, ormai, si riteneva dotato di un’immensa riserva di affetto che una sola donna sarebbe stata incapace di accettare e esaurire».

Ma le ragazze di Sanfrediano non si lasciano incantare, sono donne determinate e orgogliose, «non prendono i rifiuti di nessuno», ognuna col proprio carattere e peculiarità, con l’impronta genetica della resistenza proverbiale del rione saprà, unita con le altre per giusta causa, dare la meritata lezione al presuntuoso damerino.

Ecco allora interi capitoli dedicati a ciascuna di loro: Tosca «una creatura che la vita dovrà ingegnarsi per riuscire ad umiliarla, e forse non ci riuscirà»; Gina snella, piacente [… ]con quella gentilezza di modi che se non era più innocenza, era tuttora il suo carattere e la sua virtù»; Mafalda la rossa, «dal corpo solido e plebeo» risoluta e intraprendente; Bice «quieta, credula, ottimista, incapace di sentimento assaltante come di un affetto eroico e di un sacrificio meditato, squisitamente femminile, limitata e paziente»; Silvana «manidifata» la contesa; Loretta ultima arrivata, che nonostante il recente innamoramento, non si tira indietro per seguire le altre.

Protagonista in questo romanzo, come già altri hanno individuato, non è soltanto Bob intorno al quale si tesse la trama, ma le tutte donne e soprattutto il quartiere.

Un messaggio di solidarietà femminile che emerge a risoluzione di questa scrittura fortemente scenica (dal quale è stato tratto il film di Valerio Zurlini che per l’occasione mi sono rivista) e che si afferma in modo rudimentale e grezzo, a dimostrare l’emancipazione femminile e la  parità dei diritti di genere. Ma non solo aggiungerei, soprattutto il diritto al rispetto e alla dignità della persona.

Una prosa popolare, dai termini e detti “fiorentini”, testimonianze di tradizione e costume, che hanno risuonato in me (…non m’è rimasto attaccato neanche un’ugna, mi gingillo, …ha corso la cavallina, …è tanto che mi struggo,… un pirulino, …una sugna,… una mezzasega, …togliere l’olio dai fiaschi) e che colorano e arricchiscono il testo, lo animano, rendendolo vero e appetibile.

Un libro meno impegnativo rispetto ad altre sue opere, ma che ogni fiorentino (e non solo) dovrebbe conoscere, per apprezzare e ritrovare i sapori, odori, suoni di un tempo nemmeno tanto lontano che ha fatto la nostra Storia.

«Le ragazze di Sanfrediano» di Vasco Pratolini (ed. Bur Rizzoli 2011)