24 aprile 2022

LA PORTA di Magda Szabó

 


Romanzo autobiografico “La porta” di Magda Szabó, una scrittura, come dice l’autrice stessa, “non per Dio, che mi conosce fin nelle viscere, né per quelle ombre testimoni di ogni cosa che osservano le ore delle mie veglie e del mio sonno, bensì per gli esseri umani.”

Cos’è la porta, cosa rappresenta? Sicuramente il passaggio che stabilisce un fuori – la realtà di un paese e dei suoi abitanti – e un dentro – un mondo segreto, nascosto allo sguardo altrui, al quale nessuno ha mai avuto accesso. Ma anche una barriera, uno scudo di protezione e conservazione di un realtà intima e personale impossibile da condividere con chi non potrebbe capire, ma che potrebbe trasformarsi all’opposto in una trappola.

È proprio quel mondo nascosto, le incognite che si celano dietro, la sua magia e incanto a creare tutta la tensione del romanzo, mentre il personaggio di Emerenc non finisce mai di sorprenderci.

Magda, scrittrice ungherese affermata e apprezzata a livello nazionale, assume per aiuto domestico la vicina di casa, Emerenc Szeredas, donna assai enigmatica e di poche parole. Già al loro primo incontro si capisce che non si tratta di una persona comune, riservandosi il diritto di prendere referenze prima del contratto di lavoro e lo farà poi in un modo tutto suo: “Quella sera non prese servizio in casa nostra, per lei sarebbe stata una decisione indegna e indecorosa: Emerenc si arruolò.”

A quel punto la donna non si separerà più dalla famiglia, se non occasionalmente, entrando e uscendo alle ore più improbabili, decidendo lei cosa e come fare, quando e cosa cucinare, stabilendo lei stessa le leggi del suo operato. Emerenc è un’infaticabile lavoratrice (nonostante l’età avanzata, non sembra mai accusare stanchezza), è generosa (aiuta gli altri in difficoltà con i suoi piatti dell’amicizia), ama gli animali (Viola, il cane avrà un ruolo determinate nella storia), è lungimirante (sa vedere i segni premonitori della malattia o della morte, scrutando nell’animo delle persone per capire la loro volontà di vita), è una donna pratica e disprezza il lavoro mentale (“il mondo di Emerenc ammetteva solo due categorie di uomini: chi maneggia la scopa e chi non lo fa, e da chi non scopa ci si può aspettare di tutto, poco importano gli slogan e le bandiere che usa per celebrare le feste nazionali”), areligiosa (critica coloro che vanno in Chiesa per poi trattar male il prossimo), apolitica (odia il potere, “priva di coscienza patriottica, e di qualunque altra cosa, ma dietro una spessa coltre di nebbia c’era un’anima che brillava luminosa.”

Il romanzo è tutto incentrato sul rapporto che si instaura tra la scrittrice e la domestica, un rapporto assai complesso e contraddittorio, di amore e odio, attrazione e repulsione, intesa e incomprensione, indifferenza e interesse, ma sempre profondamente vissuto, meditato, sviscerato dall’autrice stessa che cerca in ogni modo di entrare in sintonia con lei e con la curiosità che la caratterizza, di scoprire anche i fantasmi nascosti dietro quella porta.

Tanti i momenti di complicità, in cui le due donne sembrano capirsi ed entrare in sintonia e sono proprio questi i momenti più intensi della narrativa, in cui tutta la scontrosità e la durezza di Emerenc si trasformano in una dolcezza e tenerezza incredibili.

“Emerenc era capace di suscitarmi sia i sentimenti più nobili sia quelli più meschini, il pensiero di amarla, talvolta, mi rendeva così furiosa che mi stupivo della mia stessa veemenza” dice la protagonista stessa. Mentre Emerenc la rimprovera: “Lei ha un carattere terribile, è come le rane che si gonfiano, si gonfiano e tutt’a un tratto scoppiano… lei non capirà mai le cose semplici, vuole sempre entrare da dietro anche se la porta è davanti”.

Riuscirà Magda a varcare quella soglia e aprire quella porta che nasconde il mondo segreto di Emerenc?  Quali fantasmi prenderanno vita, senso, forma e capacità? Ogni causa ha un effetto, e le cause che hanno creato un personaggio come Emerenc ci sono tutte, se non di più.

Romanzo straordinario di una scrittrice Magda Szabó che non conoscevo e ho avuto il piacere di leggere e apprezzare, una donna che è riuscita a rimanere nel suo Paese, a non fuggire al regime, mantenendo salde le proprie ideologie, che ha saputo tacere e al momento opportuno rivelarsi.

Il finale circolare chiude il percorso di una storia coinvolgente, densa di emozione, sentimento e amore, anche quando la realtà sembra spesso rivelare il contrario; ma è la magia della vita, del suo ordine e nel contempo paradosso.

E una volta terminato il libro, continua a risuonarmi un interrogativo: Siamo davvero sicuri di agire sempre per il bene dell’altro, perseguendo il parametro comune del bene, nella convinzione di fare la cosa giusta o forse può esistere anche un’altra verità?

A.C.

La porta di Magda Szabó (Einaudi 2005)

16 aprile 2022

DUE VITE di Emanuele Trevi



Vincitore del Premio Strega 2021, Due vite di Emanuele Trevi è una lettura assai articolata e complessa a parer mio, che presuppone un’ampia conoscenza del panorama letterario se si vuole apprezzare in pieno tutto il valore e la bellezza dell’opera. Nel mio caso è stata l’occasione per scoprire le mie mancanze, saggiare, approfondire argomenti sconosciuti, alcuni punti oscuri della letteratura, per documentarmi su gli  stessi personaggi, Rocco Carbone e Pia Pera che ho avuto il privilegio di conoscere proprio attraverso questa lettura. Un libro davvero stimolante, anche solo da questo punto di vista.

 Il romanzo narra la storia di tre amici, che condividono la grande passione per la scrittura: l’autore stesso, Rocco Carbone, calabrese, critico letterario, scrittore di narrativa, morto in un incidente stradale appena quarantaseienne, Pia Pera, lucchese, traduttrice di classici e contemporanei russi, scrittrice di romanzi, scomparsa precocemente per Sla.  

Un’appassionante, approfondito e amabile ritratto che l’autore fa degli amici, partendo dalle origini della loro amicizia fino alla loro prematura dipartita. Una narrazione svolta con riverenza, rispetto, autenticità, sincerità a tratti commovente, che rende omaggio alla grandezza, sensibilità e unicità di queste due figure.

Interessante l’alternanza nel ricordarli, all’inizio del libro insieme e poi distinti, in capitoli separati.

Toccante la riflessione sull’inevitabile dimenticanza del nostro destino: “Noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno”.

Molto commovente nella parte finale in cui si annuncia, e viene poi descritta la dipartita di entrambi: Rocco morto in un assurdo incidente stradale, dove l’autore si interroga sul caso, sulla fatalità degli eventi; Pia nel vortice di una logorante e inesorabile malattia, la SLA, consolata dall’amore per il suo giardino, a contatto con la natura e le sue piante di cui si occupò fino alla fine dei suoi giorni con dedizione e passione.

Il sentimento dell’Amicizia si rivela in tutta la sua potenza, e va oltre l’essere un omaggio alle due persone che ci hanno lasciato troppo presto, nel rappresentarli in tutte le loro genialità, virtù, passioni ma anche nelle loro fragilità, difficoltà, debolezze.

E di fronte a tanta devozione e dedizione viene da chiederci: Cosa, o meglio, chi sono gli amici? Trevi ci risponde così:

 “I nostri amici rappresentano delle epoche della vita che attraversiamo come navigando in un arcipelago dove arriviamo a doppiare promontori che ci sembravano lontanissimi, rimanendo sempre più soli, non riuscendo a intuire nulla dello scoglio dove toccherà a noi, una buona volta, andare a sbattere”.

C’è pessimismo in una frase così, come in molte altre affermazioni del libro, che però vengono riscattate e vedono uno spiraglio di luce in citazioni come questa: “ È come se il velo dell’infelicità appena prima della fine, cadesse a terra mostrando nuda la più enigmatica, impalpabile, sfuggente delle divinità: la vita felice”.

E nel descriverci Pia, nel caratterizzarla usa una frase che mi ha particolarmente coinvolto, in cui si sottolinea tutta la sua solarità e disponibilità nei confronti degli amici: “A innumerevoli esseri umani è dato questo destino, di ottenere molta  più felicità dall’amicizia che dall’amore”

Un libro appassionante, che vale la pena leggere e approfondire. A me è servito… e sto già leggendo e apprezzando la favolosa scrittura di Pia Pera nel suo “Il giardino che vorrei” (Ponte alle Grazie 2015), perché leggere è anche questo, aprire porte mai dischiuse verso destinazioni lontane e inesplorate.

A.C.

Due Vite di Emanuele Trevi  (  Neri Pozza Editore 2021)

08 aprile 2022

IL GIARDINO DI EMMA di Paolo Dapporto

 

Mi succede sempre così al termine di un libro di Paolo Dapporto, devo scrivere subito qualche riflessione sulla lettura, forse per non staccarmene troppo in fretta, per rimanere ancora nell’atmosfera magica, leggera, positiva che caratterizza ogni suo libro.

Sono gli anni Sessanta, periodo di piena ripresa economica. Paolo e Guido, compagno di liceo, fuggono dall’afa fiorentina per trascorrere una vacanza di studio in preparazione della maturità, sulle montagne pistoiesi, a Frassignoni, paesino sperduto nei pressi di Pracchia. Lì i due giovani, conosceranno un gruppo di ragazze e ragazzi coetanei, con i quali trascorreranno giorni felici e indimenticabili alla scoperta del luogo, a stretto contatto con la bellezza, energia  e semplicità della natura circostante. Ma scopriranno anche l’amore, e Il giardino di Emma, sarà il luogo di incontro, il fulcro, il centro pulsante della vita del paese e delle loro nuove esperienze. Un’estate indimenticabile per tutti i ragazzi, che segnerà davvero il grande passo verso il loro percorso di maturità.

Interessante il finale aperto che lascia al lettore le infinite possibilità, la libertà di decidere come andrà avanti la storia tra Paolo e Tosca.

Un libro che parla di amicizia, del desiderio di conoscersi, stare insieme, parlare, scherzare, divertirsi; di amore quello che fa battere il cuore, che ti fa sentire leggero, vivo, invulnerabile; di speranza e fiducia in un futuro tutto da costruire, da vivere; di gioia, anche se non mancano momenti di dolore e di tristezza accettati e superati però come tappe inevitabili di vita.

Un libro in cui l’autobiografia si confonde con l’invenzione (è lo stesso Paolo a dircelo alla prima presentazione dell’opera), e ciò non può far altro che arricchire, colorare, valorizzare, rendere più intrigante e avventurosa la storia stessa.

Un libro piacevole, spassoso, divertente, scorrevole pieno di energia e di positività, una scrittura semplice ma precisa e competente, in cui si avverte tutto lo spirito leggero e bonario dell’autore stesso.

Un libro che si legge tutto d’un fiato, e non lo dico per retorica, ma i libri di Paolo Dapporto sono come alberi di ciliegie, una pagina tira l’altra e si arriva alla fine senza nemmeno accorgersene, soddisfatti senza aver fatto indigestione.

A.C.

Nel giardino di Emma” di Paolo Dapporto (Edizioni Il Castello 2022)


03 aprile 2022

EUTANASIA DI UN AMORE di Giorgio Saviane


Come ho scoperto lo scrittore e la sua narrativa, visto che non se ne parla molto, anzi è anche piuttosto difficile reperirne le opere?

Per caso, passeggiando sulle colline a pochi passi da casa mia, dove fiancheggiando una bella villa tra gli ulivi e i primi anemoni, un’amica mi rivelò che per una buona parte della sua vita in quella casa aveva vissuto Giorgio Saviane, l’autore di Eutanasia di un amore, libro che vinse il Premio Bancarella nel 1977. Ricordo bene il film di Enrico Maria Salerno, le cui prime scene furono girate proprio a Sesto Fiorentino. Avevo solo tredici anni, ma impossibile dimenticare l’evento: tutte le strade furono bloccate per un giorno, alla fermata del 28 c’era la bellissima Ornella Muti e Tony Musante, che invece conoscevo ben poco.

Ciò che mi ha incuriosito di Saviane andando a ricercare biografia e opere, è stato il velo di polvere intorno allo scrittore, poco ricordato nella letteratura del Novecento, nonostante la notorietà editoriale e lo spessore culturale e artistico. «Perché?» mi sono chiesta. Senza dubbio perché è stato un personaggio scomodo, una persona che diceva senza mezzi termini come la pensava, che non si adattava alle situazioni o alle opinioni altrui per un tornaconto personale, mettendo le proprie ideologie e convinzioni sopra ogni altro aspetto.

Giorgio Saviane, (1916-2000) veneto di nascita, trascorse buona parte della sua vita in Toscana, a Firenze svolgendo in contemporanea la sua attività di avvocato e scrittore. Idealista, anticonformista, amante della vita e delle belle donne, della campagna e del mare, tematiche che ritroviamo spesso nelle sue opere.

“Eutanasia di un amore” è un romanzo che parla d’amore, di una passione travolgente capace con la sua urgenza di annullare tutto il resto. Paolo, professore universitario già quarantenne ama Sena, una sua ex allieva, e ne è contraccambiato. Ma già dalla prima pagina, i due hanno un diverbio, la macchina si ferma al semaforo rosso e Sena apre la portiera per sfuggirgli e salire sull’autobus fermo al capolinea. Il motivo del litigio rimane per buona parte del libro oscuro a noi lettori e a Paolo stesso, che tenta in ogni modo di riconquistare la ragazza, con dignità e in modo consono a suoi principi ideologici e morali. La lettura prosegue carica di questa tensione: l’incognito della rottura, la causa della separazione.

Fatti, azioni si susseguono veloci anche se densi di riflessioni, pensieri, emozioni, sentimenti, sviscerati in ogni componente per essere descritti e approfonditi dall’autore in modo davvero efficace e notevole da un punto di vista stilistico. Si accavallano visioni, all’apparenza scollegate alla realtà che sottolineano però lo stato d’animo confuso, trepidante del protagonista stesso. Un grido d’amore disperato, quello di Paolo che ricerca Sena in ogni dove, la segue, la rincorre, cerca di combinare incontri casuali avvalendosi della complicità degli amici. Poi imprevedibile il ritorno, l’incontro “casuale” a Ponte Vecchio, lui invecchiato di anni come se la lontananza da lei gli avesse attirato ogni malattia (mal di schiena, emorroidi, prostata, emorragia a un occhio…). Si chiariscono, Sena svela il motivo che l’ha allontanata da lui, una cosa bruttissima di cui lui è il responsabile. Sarà disposto Paolo, a questo punto, a fare un passo indietro, a rivedere le sue posizioni ideologiche, politiche, anticonformiste, una delle quali motivo di rottura, pur di ritornare con lei? Ovviamente non ve lo svelerò, per non togliervi il gusto di quella tensione che l’autore sa creare così bene e mantenere in buona parte del libro.

C’è anche il tradimento, come parte integrante ed evolutiva del rapporto tra Paolo e Sena, ma soprattutto dell’amore, che ha necessità di sperimentare, oltrepassando i vincoli che Paolo stesso si è creato, catturato dalla bellezza di lei, ancorato al complesso edipico senza il superamento del quale non c’è evoluzione.

La storia con Silva, una ragazza conosciuta a Punta Ala, rappresenterà questa svolta, svincolandolo dall’amore, sinonimo di possesso, esclusività per trasformarlo in condivisione e piacere. Grazie a lei, Paolo riscoprirà un nuovo modo di amare, libero dalla schiavitù della passione, che non è tormentato vivere, ma partecipazione, scambio, donare per donarsi e ricevere.

E a proposito dell’amore legato al sesso trovo interessante questa osservazione: “Il sesso, vede, ha due valenze manifeste, oltre le mille sfumature: una di appetito (azzurro, dorato, sentimentale, lo chiami come vuole), l’altra di appagamento. Sono in fondo la stessa cosa, ci sono tuttavia questi due tempi, per dir così, che l’umanità ha avvertito. “. E conclude che si può viverlo anche solo in una di queste parti.

Davvero un libro profondo, dai dialoghi ben costruiti e riusciti che esprimono in pieno il carattere, le pulsioni, i sentimenti, le emozioni, i desideri più intimi dei personaggi. Un ottimo lavoro di introspezione prendendo a pretesto l’ amore.

Interessante anche il cambio di voce narrante all’interno di uno stesso capitolo: l’autore inizia la narrazione in prima persona, poi come se volesse entrare meglio dentro il personaggio, la cambia, adottando la prima persona, voce del protagonista stesso. Non ho gradito subito questa strategia, avvertendola come una stonatura (sono anche ritornata indietro nella lettura, ricercandone l’errore). Poi ho capito che lo schema si ripeteva, e come succede spesso, quando si prende confidenza, non mi è più dispiaciuta, anzi l’ho trovata calzante. Documentandomi, ho letto che era una sua peculiarità quella di usare contemporaneamente la terza e la prima persona.

Insomma, concludo, sottolineando il rammarico che uno scrittore così valido sia stato così poco valorizzato (pensate lo stesso libro di cui vi parlo, l’ho trovato su una bancarella dell’usato e non è più in catalogo). Questo ce la dice lunga sul mondo editoriale e non solo. Vi lascio nella speranza di avervi trasmesso un po’ di curiosità e interesse per un grande scrittore, ritenuto poco commerciabile, ma senza dubbio meritevole. 

A.C.

Eutanasia di un amore” di Giorgio Saviane (Rizzoli 1976)