«Quando
siamo giovani pretendiamo l’amore, la giustizia, la conquista, la gioia, quando
siamo vecchi basta la vita. Vivere».
Quale verità si nasconde dietro una donna quasi settantenne,
che vive da sola in un bellissimo appartamento lungotevere, che non parla con
nessuno o parla poco di sé e degli altri? Quale storia l’ha portata fin qui,
quale pensieri, idee, tormenti si celano in quella testa dai lunghi capelli
grigi fuori moda, tanto da essere soprannominata dai vicini Chiomavecchia?
Lo scopriremo poco a poco, procedendo nella lettura di
questo meraviglioso libro di Lidia
Ravera (il secondo dell’autrice dopo Age
Pride), in cui ancora una volta si parla di terza età, di una fascia dell’esistenza in cui, pur tirando le
somme, fare bilanci, prepararsi alla scena finale, si possono fare incontri
inaspettati, possono accadere cose, imprevisti che rimetteranno in moto la
giostra della vita, offrendo l’ opportunità di un altro giro, che non esclude
piacere e divertimento.
A premere il pulsante d’avvio, sono Maria e Michele, i giovani vicini di casa, che Giovanna incontra mentre traslocano nel nuovo appartamento attiguo
al suo, nell’afoso agosto romano popolato da poche anime. La sua vita solitaria
subirà una brusca virata contagiata dall’entusiasmo, euforia, vitalità dei due
giovani con a seguito i figli, un adolescente Malcom, impegnato in problemi sociali più grandi di lui e Malvina, deliziosa creatura di appena
quattro anni, soggetto indiscutibile di ogni attenzione e cura.
Ma i nodi del passato
non scioglibili perché «La
memoria è un cane feroce, alla mia età devi tenerla alla catena», le scelte, il rimpianto «quel senso di vuoto nauseante, quella
commozione senza sbocchi»
le colpe, nonostante la ritrovata
felicità, ritornano spesso in superficie, come a volere rivendicare la loro
assoluta superiorità e verità su ogni nuovo sentimento ed emozione, che
Giovanna tenta in tutti i modi di controllare. Qual è la colpa così mostruosa che
si nasconde dietro questa donna alla quale non sembra concessa alcuna forma di
amore e piacere? Ce lo continuiamo a chiedere per l’intera narrazione, e per
non togliere il piacere della sorpresa, non voglio farne anch’io minimo
accenno.
Tutta la tensione del lettore sta proprio qui, in questo complesso
groviglio di pensieri, impressioni, idee, supposizioni, in cui la protagonista «una parassita emozionale» come si autodefinisce, sotto
forma di diario, ci regala i suoi stati d’animo (e lo fa in modo diretto,
sottovoce con l’intenzione di mantenerli segreti), in un flusso continuo,
sincero e chiaro come acqua di montagna, alla ricerca perenne del suo posto nel
mondo.
La narrazione si rivela affascinante, originale, dallo stile
impeccabile, con l’uso appropriato e preciso di ogni singola parola, le
descrizioni sorprendenti andando oltre la pura rappresentazione, la scrittura
necessaria e consapevole sulla importanza e ineluttabilità della memoria.
«Quando
si scrive per dimenticare si finisce per ricordare. Tutto. Ogni frase che si
forma nella tua mente e si deposita sulla pagine colpisce la superficie del
vuoto, quel laghetto artificiale che hai curato con tanta sapienza e
preveggenza, ne smuove le acque, lo rende impraticabile»
perché «Certe volte scrivere è come spalare fango,
come scavare fosse. Una fatica fisica. Scrivi per liberarti, e finisci in
un’altra prigione[…] Ti dici che stai scrivendo per te,
soltanto per te stessa. Ma sei sicura che sia così?[…]
La scrittura è avida, golosa,incontenibile. Ti porta dove non vorresti andare».
Tanti i temi affrontati e sviscerati, la solitudine, la politica e le scelte ideologiche, l’amicizia, l’amore, la maternità, vissuta dalla protagonista
come condizione di libero arbitrio unita alla profonda consapevolezza che
determina la scelta, perché come dice lei stessa «ci vuole una presunzione
fuori dall’ordinario per pensarsi madri».
Un libro che prende e che dà, coinvolge emotivamente (mi
sono ritrovata in lacrime nel passaggio finale) attraverso una scrittura che si
rinnova pagina dopo pagina, accogliente, invitante, stimolante, un libro che ti
rimane addosso, anche quando l’hai chiuso, che ti esorta a riflettere, che ti
invita con «Avanti, parla»,
a scrivere e aggiungere anche qualcosa di te.
A.C.
Avanti,
parla di Lidia Ravera
(Giunti/Bompiani 2021)