Il posto è un
altro bellissimo libro autobiografico di Annie
Ernaux, in cui stavolta l’autrice ci parla del padre, uomo di origine
contadina, nato in Normandia agli inizi del secolo scorso, operaio, soldato e poi
commerciante nel negozio di proprietà insieme alla moglie. Anche in questa
opera l’autrice ci regala un quadro emotivo dettagliato e preciso sul contesto
ambientale, sociale , relazionale e sul rapporto che li univa.
I ricordi appaiono in maniera improvvisa, come foto scattate
a raffica, immagini forti ed esaurienti, narrate con sapienza, essenzialità, senza
orpelli a far da cornice. Ne emerge l’ immagine di un uomo semplice, amante della
natura e del giardinaggio, che si è fatto strada da solo, onesto, di sani principi e valori,
umile, allegro e a volte goliardico
tanto da dire qualche volgarità, un uomo senza
ambizioni, senza titolo scolastico, ma che conosce gli uomini e i loro
sentimenti, che accetta ciò che ha, «con
la certezza che “non si può star meglio di come siamo”»,
un uomo «non infelice».
Interessante il fatto che l’autrice abbia reso omaggio a entrambi i genitori – in due libri distinti e in modo assai diverso – ripercorrendone le tappe fondamentali dalla nascita (e anche prima) fino alla loro morte, senza un ordine prettamente cronologico, ma trasportata dal vento dei sentimenti.
Annie Ernaux sa scavare nell’animo umano con la perizia e la precisione di un chirurgo, sa usare le parole in modo impeccabile, con una capacità di sintesi rara, sapendo cogliere ogni sfumatura, anche la più sottile come in questo passo, quando parla del padre già morto: «Mi sembrava che quei preparativi non avessero alcun legame con mio padre. Era come una cerimonia alla quale lui, per un motivo qualunque, non avrebbe potuto partecipare».
Mi sono interrogata anche sulla scelta dei titoli. Il libro Una
donna, in cui l’Ernaux omaggia
la madre, sembra sottolineare proprio nel titolo l’essenza che la caratterizzava,
ovvero la potenza della sua femminilità, da cui trae tutta la forza creatrice,
che la fa muovere e affermare nel mondo. Per il padre, invece il titolo è Il posto ( non “Un uomo” come mi sarei
aspettata), forse perché il suo ideale, la sua continua ricerca era essere nel posto giusto, oppure «Il timore di essere “fuori posto”, di avere
vergogna». Come quando l’autrice
afferma che era un uomo che non beveva. Cercava di “tenere il suo posto”. Sembrare più
commerciante che operaio».
Altra differenza che emerge con evidenza, è la lontananza emotiva tra padre e figlia, la distanza caratteriale, in cui risaltano ancora più marcati i pochi momenti di condivisione che la scrittrice descrive con semplicità e amore: «Mi portava da casa a scuola sulla sua bicicletta. Traghettatore fra due sponde, con la pioggia e con il sole ». Con la madre, nonostante la conflittualità, sono frequenti le descrizioni e le manifestazioni di complicità, di amore e odio.
Una scrittura che ho trovato ancora più schematica, asciutta della precedente ma non per questo meno analitica e particolareggiata, rivelando una sensibilità unica che è impossibile non apprezzare.
A.C.
“Il posto” di Annie Ernaux (L’orma editore 1983)