31 ottobre 2022

UNA DONNA di di Annie Ernaux

 

«Bellissimo!», non posso fare a meno di iniziare la mia recensione con un aggettivo così banale e scontato, ma che rende in maniera esemplare la mia prima impressione di lettura.

Annie Ernaux, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura 2022, autrice francese che ho avuto il piacere di scoprire solo adesso, grazie a questo meritato Premio - in fondo a qualcosa servono i riconoscimenti, oltre a rivestire di fama e gloria i fortunati. Fra i tanti pubblicati, ho scelto Una donna, per l’argomento che mi attraversa e coinvolge in modo viscerale.

Un’opera interessante da un punto di vista strutturale, da non classificarsi in un genere specifico, definita in tal modo dall’autrice stessa: “Questa, non è una biografia, né un romanzo, naturalmente, forse qualcosa tra la letteratura, la sociologia e la storia”.

“Mia madre è morta lunedì 7 aprile nella casa di riposo dell’ospedale di Pontoise, dove l’avevo portata due anni fa” dall’incipit così semplice ma forte e pieno di interrogativi, si sviluppa lentamente la storia di una bambina nata in Normandia nel diciannovesimo secolo, che cresce, matura, si fa donna, diviene lavorante, moglie, madre , nonna… mentre intorno “accade” la Storia europea e mondiale, quella della povertà delle classi più abiette, della fatica legata al mondo contadino, della difficoltà di emergere e farsi una posizione sociale migliore; della difficile condizione femminile, dei pregiudizi legati al genere; sulle difficoltà legate alla Guerra e quelle ancora peggiori del Dopoguerra. Mentre la Storia fa il suo corso, la madre - non sarà rivelato mai il suo nome - , si innamora, si sposa, lotta con tutta sé stessa per mettere in piedi un negozio di alimentari, il suo sogno (e ci riesce), perde una figlia già grandicella, ma supera il lutto con la seconda, Annie. E qui inizia il loro rapporto, madre - figlia, conflittuale, ma molto vissuto, intenso.

Emerge il ritratto, in tutte le fasi della sua vita, di una donna intelligente, determinata, energica, irruente, di un appetito mai sazio, passionale, sognatrice, curiosa fino a quando la malattia la trasforma in tutt’altro, la sosia di sé stessa, vuota di ricordo e senso del mondo.

Come un lungo monologo, la scrittrice ripercorre i momenti di vita insieme, a volte con nostalgia, a volte con rabbia, odio, amore, gioia e rimpianto.

Frasi di prosa che sembrano poesia: “Elevarsi, per lei, significava soprattutto imparare (diceva «bisogna arricchirsi lo spirito») e nulla era più bello del sapere. I libri erano gli unici oggetti che trattava con cautela. Prima di toccarli si lavava le mani”. Mi stupisco e mi commuovo di fronte a frasi tanto sintetiche, ma così piene di complicità, stima, ammirazione, di pudica e timida intesa reciproca: “Se la guardavo troppo si innervosiva,«che mi vuoi comprare?»” . Quanto sentimento in queste poche parole! E ancora qui, in cui si avverte tutta la forza e determinazione materna:  “Conosceva tutti i gesti che addomesticano la miseria”. E quanto potrei andare avanti, con citazioni così riuscite, il libro ne è pieno, uno scrigno inesauribile.

Parole sempre scelte con cura, precise, da succhiellare con l’impazienza di un giocatore di poker, da gustare all’istante per poi ritornarci sopra.

Uno stile asciutto, essenziale, diretto e funzionale, senza orpelli e parole inutili, solo quelle necessarie a rendere il testo chiaro al lettore ma straordinariamente musicale e incantevole.

Un libro che lascia senza fiato per la bellezza, la sensibilità, le verità che ci vengono restituite, sul rapporto madre- figlia, un amore eterno e indissolubile che non conosce origine “Per me mia madre è priva di storia. C’è sempre stata”.

E ancora una volta la magia della lettura, spalancare porte e finestre della mente e dell’anima, restituendo respiro a ciò che esiste già in noi e ha solo bisogno di uscire dall’ombra.

 A.C.

Una donna di Annie Ernaux ( L’Orma editore 2018)

24 ottobre 2022

LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA di Tennessee Williams




Una piece teatrale che ho letto davvero con piacere - nonostante la mia scarsa abitudine a opere di tale genere - dove la forza sta nei dialoghi e nella descrizione della scena, senza alcuna voce narrante che spiega, commenta, giudica e ammonisce. In questo modo il lettore, dall’osservazione e la riflessione sul testo, trae la morale, o meglio il messaggio di cui l’autore vuole farci dono.

Un libro scorrevole, ironico, divertente anche nella tragicità degli eventi, piccante.

Un dramma familiare che si svolge nella grande villa della famiglia Pollit, dove si festeggia il compleanno del padre, uomo ricco e facoltoso per l’impero di piantagioni di cotone che è riuscito a metter su. C’è una nuvola però che oscura la scena, la malattia terminale dell’anziano, screditata da un esame che sembra tuttavia escluderlo. Il figlio maggiore, Gooper con la moglie e i cinque figlioletti di cui uno in arrivo, sono pronti a festeggiare Mr Pollit, cercando palesemente di entrare nelle grazie del vecchio. Brick, invece non  ne vuole sapere di condividere la festa, chiuso nella propria stanza a bere fino a ubriacarsi, in attesa di quel clic, che sembra aggiustare ogni cosa, mettere ordine nella sua testa, fino a farlo stare tranquillo, in pace. Maggie, sua moglie, è con lui, straziata anche lei dai suoi tormenti, attratta e innamorata del marito senza riserve. Non voglio aggiungere altro per non spoilerare, anche se molti avranno visto il film, interpretato da una bellissima Liz Taylor, e un giovanissimo Paul Newman.

Il personaggio di Maggie è quello che dà colore alla storia, che più mi convince. Maggie è vera, sincera, pura, schietta, trasparente, l’emblema della donna che ama il suo uomo, pronta a difendere il suo territorio anche se scomodo e a preservare il loro amore, con le unghie e gli artigli, come una gatta sul tetto che scotta. Un amore  ostacolato dal fantasma di Skipper, l’amico di Brick, che si è suicidato per cause ignote. E spesso la narrazione ruota riporta questa vicenda; la lunga conversazione di Papi con Brick mira in parte a cercare le cause che portano il figlio ad affogarsi nell’alcool, e a capire se il suicidio dell’amico è una di queste.

Toccanti anche se grossolane le parole di Papi a Brick, in cui gli si rivela forse per la prima volta, parlando dell’ipocrisia, della menzogna che ha popolato da sempre il suo agire, unica modalità per mantenere l’armonia del quieto vivere e portare ai risultati economici raggiunti.

Attraverso la loro - a tratti - accesa conversazione, affiorano anche vecchi ricordi, passati rancori, mancanze, che il carattere debole, pessimista e disfattista di Brick non è riuscito a superare, sublimandoli solo nell’alcool:«Uno che beve è uno che vuole dimenticare che non è più giovane e non crede più».

Il tema dell’omosessualità c’è, ma velato, mai palese.

Insomma un’opera, dove la drammaticità delle azioni e delle parole, è sempre accompagnata dalla speranza, grazie a Maggie, che con grinta e solarità - frutto delle sue umili origini - riesce ad accendere quel fuoco, a trovare il suo posto, nella famiglia acquisita che l’adora come una figlia, e nel marito che forse, raggiunto quel clic,  riesce finalmente a vederla.

A.C.

La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams ( Einaudi 2022)                               

17 ottobre 2022

I MIEI STUPIDI INTENTI di Bernardo Zannoni

 

Un’inaspettata sorpresa questo romanzo vincitore del Premio Campiello 2022 e ancora più fantastico il fatto che a vincerlo sia stato un giovane scrittore Bernardo Zannoni, di soli venticinque anni. Mi sono avvicinata al libro, spinta proprio dalla curiosità.

Interessante e originale la storia, i cui personaggi sono animali, che parlano, vivono, amano, lottano, utilizzano oggetti come gli esseri umani i quali, anche se nominati non entrano mai nella narrazione.

Archie è una giovane faina, figlio di una cucciolata di sei fratelli e sorelle, che dovrà presto fare i conti con le insidie del mondo, lottare per la sopravvivenza, secondo le regole e le leggi del bosco. Rimasto zoppo per una brutta caduta da un albero, sarà venduto dalla madre a Solomon, una volpe che vive di usura aiutata da Gioele, cane fedele e crudele, che controlla e vigila su tutta la proprietà del padrone. Archie, grazie alla propria intelligenza e curiosità riuscirà a conquistarsi un posto nel cuore della volpe, dalla quale imparerà molte cose, oltre a leggere e a scrivere, che lo distinguerà dagli altri.

Un romanzo di ricerca spirituale (oserei dire), teso alla scoperta della verità, di una ragione e un senso al teatro della vita in cui tutti noi, uomini e animali siamo attori, il desiderio di trovare una risposta sull’esistenza di un Dio che crea, giustifica e distrugge, sul destino, sulla morte… «Imparai ad apprezzare la solitudine e trovai la pace con Dio. Mi fu chiaro che il mondo non odia nessuno, e se è crudele, è perché noi siamo crudeli. Dio non aveva commesso altro errore se non quello di averci voluto partecipi, uomini e animali insieme».

Che senso ha morire se non in funzione di una rinascita migliore? È questa una domanda che ritorna continuamente nella narrazione e anche se non troviamo risposta, si avverte la possibilità, la speranza di un’evoluzione, che tutto ciò che facciamo, siamo, costruiamo, diveniamo, non vada perduto, continui a vivere anche senza di noi. La scrittura, fa parte di questo processo evolutivo, ha un potere salvifico, «immune al tempo», capace attraverso la memoria, di lasciare impronta, insegnamento, di insinuare dubbi nella ricerca della conoscenza, di spingerci sempre oltre, di scoprire e sollevare polvere «perché una testa sporca funziona meglio di una testa vuota».

Non si può fare a meno di riflettere e confrontare la nostra realtà “umana” con quella animale, perché le paure, i timori, i desideri, le pulsioni, le domande, i dubbi sono gli stessi. Come la paura della morte, del suo avvicinarsi: «Forse è questo che la morte ci insegna, per chi sa del suo arrivo. Quell’attimo più buio è un percorso solitario, nei meandri di sé stessi, dove ogni cosa sparisce, e si tenta di riacciuffarla. È l’anima di questo mondo, la sua forza più grande, nessuno chiede di nascere, ma nemmeno di andare via». E anche: «La morte è la prima volontà di Dio… e gli altri non c’entrano nulla, perché tocca a ciascuno di noi ». Frasi davvero potenti, soprattutto se pensate nella mente di un ventenne.

Un emozionante, singolare, divertente e drammatico al tempo stesso, percorso dalla nascita alla morte del protagonista, al quale non possiamo fare a meno di affezionarci, anche nelle azioni più deplorevoli (come la causa della separazione dalla compagna Anja).

L’autore, grazie al suo piglio fresco e giovanile, sa regalarci una favola moderna attraverso una scrittura limpida, chiara mai banale, e renderci più che mai consapevoli della gioia e del dolore dell’esistenza (umana e animale) che spesso ci accompagna, insieme a tutti gli stupidi intenti in cui cerchiamo di renderla migliore, di sublimarla, di prolungarla, per cercare di sfuggire anche all’intento più assurdo e impossibile, quello di scappare all’inevitabile.

Una lettura davvero travolgente, che consiglio a tutti.

A.C.

I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni (Sellerio 2021)

03 ottobre 2022

HOZUKI di Aki Shimazaki

 

Hozuki è il primo libro che leggo della scrittrice giapponese Aki Shimazaki (nata a Gifu nel 1954 e attualmente residente in Canada) secondo di una pentalogia.

Hozuki (tradotto: alchechengi ma anche preghiera) è la storia di Mitzuko, una giovane ragazza madre, dal passato tormentato, che dirige una libreria di vecchi libri di arte e filosofia. Vive nell’appartamento sopra il negozio insieme alla madre e al figlio Taro, sette anni, meticcio e sordomuto. Un giorno, fa ingresso nella sua libreria una signora distinta con la figlioletta Hanako, alla ricerca di alcuni testi di filosofia, che metterà in subbuglio la sua routine consolidata.

Romanzo breve scritto in prima persona - la protagonista stessa - dai periodi brevi, chiari, minimali. Una scrittura semplice, discorsiva, frammentata da alcune riflessioni metafisiche ed esistenziali. Forse un po’ troppo “asciutto” essenziale, per il carico emotivo così importante che vuole mettere in scena.

Una lettura scorrevole e rilassante, dalla trama movimentata ma abbastanza prevedibile nella successione degli avvenimenti. Sicuramente la copertina è assai accattivante, come tutte le copertine dei libri dell’autrice, per le bellissime e suggestive immagini floreali e animali.  

A.C.

Hozuki di Aki Shimazaki (ed. Feltrinelli 2021)