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17 ottobre 2022

I MIEI STUPIDI INTENTI di Bernardo Zannoni

 

Un’inaspettata sorpresa questo romanzo vincitore del Premio Campiello 2022 e ancora più fantastico il fatto che a vincerlo sia stato un giovane scrittore Bernardo Zannoni, di soli venticinque anni. Mi sono avvicinata al libro, spinta proprio dalla curiosità.

Interessante e originale la storia, i cui personaggi sono animali, che parlano, vivono, amano, lottano, utilizzano oggetti come gli esseri umani i quali, anche se nominati non entrano mai nella narrazione.

Archie è una giovane faina, figlio di una cucciolata di sei fratelli e sorelle, che dovrà presto fare i conti con le insidie del mondo, lottare per la sopravvivenza, secondo le regole e le leggi del bosco. Rimasto zoppo per una brutta caduta da un albero, sarà venduto dalla madre a Solomon, una volpe che vive di usura aiutata da Gioele, cane fedele e crudele, che controlla e vigila su tutta la proprietà del padrone. Archie, grazie alla propria intelligenza e curiosità riuscirà a conquistarsi un posto nel cuore della volpe, dalla quale imparerà molte cose, oltre a leggere e a scrivere, che lo distinguerà dagli altri.

Un romanzo di ricerca spirituale (oserei dire), teso alla scoperta della verità, di una ragione e un senso al teatro della vita in cui tutti noi, uomini e animali siamo attori, il desiderio di trovare una risposta sull’esistenza di un Dio che crea, giustifica e distrugge, sul destino, sulla morte… «Imparai ad apprezzare la solitudine e trovai la pace con Dio. Mi fu chiaro che il mondo non odia nessuno, e se è crudele, è perché noi siamo crudeli. Dio non aveva commesso altro errore se non quello di averci voluto partecipi, uomini e animali insieme».

Che senso ha morire se non in funzione di una rinascita migliore? È questa una domanda che ritorna continuamente nella narrazione e anche se non troviamo risposta, si avverte la possibilità, la speranza di un’evoluzione, che tutto ciò che facciamo, siamo, costruiamo, diveniamo, non vada perduto, continui a vivere anche senza di noi. La scrittura, fa parte di questo processo evolutivo, ha un potere salvifico, «immune al tempo», capace attraverso la memoria, di lasciare impronta, insegnamento, di insinuare dubbi nella ricerca della conoscenza, di spingerci sempre oltre, di scoprire e sollevare polvere «perché una testa sporca funziona meglio di una testa vuota».

Non si può fare a meno di riflettere e confrontare la nostra realtà “umana” con quella animale, perché le paure, i timori, i desideri, le pulsioni, le domande, i dubbi sono gli stessi. Come la paura della morte, del suo avvicinarsi: «Forse è questo che la morte ci insegna, per chi sa del suo arrivo. Quell’attimo più buio è un percorso solitario, nei meandri di sé stessi, dove ogni cosa sparisce, e si tenta di riacciuffarla. È l’anima di questo mondo, la sua forza più grande, nessuno chiede di nascere, ma nemmeno di andare via». E anche: «La morte è la prima volontà di Dio… e gli altri non c’entrano nulla, perché tocca a ciascuno di noi ». Frasi davvero potenti, soprattutto se pensate nella mente di un ventenne.

Un emozionante, singolare, divertente e drammatico al tempo stesso, percorso dalla nascita alla morte del protagonista, al quale non possiamo fare a meno di affezionarci, anche nelle azioni più deplorevoli (come la causa della separazione dalla compagna Anja).

L’autore, grazie al suo piglio fresco e giovanile, sa regalarci una favola moderna attraverso una scrittura limpida, chiara mai banale, e renderci più che mai consapevoli della gioia e del dolore dell’esistenza (umana e animale) che spesso ci accompagna, insieme a tutti gli stupidi intenti in cui cerchiamo di renderla migliore, di sublimarla, di prolungarla, per cercare di sfuggire anche all’intento più assurdo e impossibile, quello di scappare all’inevitabile.

Una lettura davvero travolgente, che consiglio a tutti.

A.C.

I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni (Sellerio 2021)