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29 giugno 2023

TUTTO IL MONDO È PAESE di Andrea Zavagli

 

È quasi d’obbligo la premessa che non sono una lettrice di gialli, perciò anche le mie valutazioni e considerazioni in merito, sono senz’altro riduttive e poco competenti  rispetto a chi li ama, divora e ne conosce il valore intrinseco. Perciò mi scuso con l’autore se non saprò cogliere appieno la qualità investigativa e giallistica del romanzo, che comunque ho piacevolmente letto e apprezzato.

Tutto il mondo è paese è un detto popolare che ce la dice lunga sulla psicologia degli abitanti, sui loro comportamenti, sulle ombre delle loro origini, sui sentimenti controversi che li animano rispetto allo spazio geografico che invece occupano. Un popolo di uomini e donne molto diversi, ognuno con la propria storia, ambizione che può talvolta spingerli a commettere azioni riprovevoli ed estreme come un omicidio, ancora più eclatante se accade in un raggio di pochi chilometri, in un paese di poche anime, come Palazzetto sul Rovere, località immaginaria dell’Appennino tosco emiliano. Forse è proprio questo che l’autore vuole evidenziare e farci comprendere dal titolo, che in un paese non sono tanto le mura a renderlo tale quanto coloro che ci abitano e generano storie, storie che si somigliano.

Andrea Zavagli, come sul palcoscenico di un teatro, ci presenta così a uno ad uno i personaggi del romanzo collocati nel loro contesto, attori significativi della storia, in modo che il lettore prenda subito confidenza e abbia chiaro con chi avrà a che fare, facendoci intuire fra le righe, che proprio fra questi dovrà cercare l’assassino di un delitto che si palesa subito nel primo capitolo.

Deborah Cannavacciuolo una giovane donna di facili costumi, non originaria di Palazzetto, viene trovata morta su una panchina del Pistone, un parco  poco distante dal centro. Dopo le prime incertezze sulla causa della morte che sembra avvenuta per infarto, si sviluppano le prime ipotesi di omicidio. Manfredi commissario di polizia, uomo intelligente, semplice, concreto (impossibile non simpatizzare subito con lui), retto, ironico, ma soprattutto umano, che non disdegna e apprezza le belle donne e tutto ciò che ne esalta la bellezza, insieme a Lazzerini, suo agente fidato, conduce l’indagine, la non-inchiesta (come la definisce lui), che si complica sempre più, fino a un ulteriore omicidio (stavolta conclamato) a metà romanzo. Non voglio aggiungere altro della trama, per incuriosirvi e indurvi alla lettura che da giallisti sono certa apprezzerete.

Dopo la presentazione, il racconto prende vita, si dipana con carrellate dettagliate e precise sull’ambiente circostante, sui volti, espressioni, gesti, dialoghi e pensieri di ciascun personaggio ben descritto e costruito, con il proprio linguaggio, timbro e colore.

Al di là del genere e della trama investigativa - ben strutturata e articolata - ho apprezzato soprattutto lo stile dell’autore, la sua capacità di calibrare bene la narrazione in tutte le sue parti, nelle sequenze narrative, riflessive, dialogiche e descrittive. Ottimi infatti i dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi, le progressioni dell’indagine, l’intreccio scorrevole, sorprendente e accattivante, diviso in brevi capitoli dal finale enfatico (senza alcuna accezione negativa) che dà ampio respiro alla narrazione.

Si intuiscono le competenze professionali dell’autore che sa gestire egregiamente e in modo stimolante la materia, tutta la parte investigativa nella ricerca degli indizi sul cadavere da parte della bella e simpatica anatomopatologa Scudieri, che purtroppo si eclissa nella parte finale (magari potrebbe riapparire in un sequel ed essere stavolta la protagonista, che il carattere non gli manca), dando però il suo importante contributo.

Un giallo insomma intrigante e valido, che consiglio a tutti gli amanti del genere, e anche a chi come me non lo è, garantito anche dal Premio 1 Giallo x 1000 , dove si è classificato come finalista, primo nella categoria miglior stile narrativo, riconoscimento davvero meritato.

Ringrazio Andrea per avermi regalato questa storia.

A.C.

Tutto il mondo è paese di Andrea Zavagli (ed.Zerounoundici Edizioni  2022)


02 gennaio 2023

ANJA E DOSTOEVSKIJ A FIRENZE di Nicoletta Manetti

 

Uno scrigno prezioso di informazioni, curiosità, aneddoti, l’ultima pubblicazione di Nicoletta Manetti che ancora una volta sorprende per l’attenta ricerca storica, accuratezza dei dettagli e chiarezza dei contenuti, raccolti tutti in questo libriccino (e il diminutivo non è certo dispregiativo) di nemmeno cento pagine. Ciò dimostra che la sintesi è un suo ulteriore pregio, rivelando una capacità di concentrare gli eventi, le argomentazioni, osservazioni e riflessioni più plausibili ai fini di un messaggio narrativo efficace.

L’autrice, in questa ricerca romanzata, ripercorre il periodo di otto mesi, in cui lo scrittore soggiornò a Firenze insieme alla moglie Anja (anche assistente stenografa) ai tempi di Firenze Capitale. La coppia aveva scelto Firenze per il clima mite e dolce, ideale per scrivere rispetto alle temperature rigide russe, e soprattutto per sfuggire ai creditori. È nello scenario di questa magnifica città, circondata dai colli, dai giardini rigogliosi anche d’inverno, traboccante di arte e cultura che Dostoevskij conclude il romanzo “L’Idiota”. E qui è impossibile non provare un pizzico di orgoglio nell’apprendere come la nostra amata città sia stata fonte di tanta ispirazione.

I capitoli sono divisi per mesi, dall’arrivo nel novembre del 1868, fino alla partenza nel luglio dell’anno successivo, preceduti da una introduzione assai illuminante dove l’autrice ci spiega che lo scrittore era stato a Firenze sei anni prima con l’amico Turgenev, descrivendoci dove alloggiarono (addirittura il numero di stanza), chi frequentarono, come passarono il tempo. Viene ripercorso anche il periodo successivo, segnato da eventi infausti: lutti, perdite al gioco, debiti. La conoscenza di Anja, assunta come stenografa sarà l’inizio di una rinascita per lo scrittore, anche se non mancheranno ancora periodi di ombra e di dolore. Durante il soggiorno fiorentino, l’autrice è come se si mettesse al fianco di Dostoevskij, e lo seguisse senza mai abbandonarlo, rivelandoci i suoi desideri, i suoi interessi, le sue paure, le crisi per l’urgenza del libro da consegnare, la sofferenza per il clima estivo troppo afoso e insopportabile, mostrandoci la verità dell’uomo dietro l’artista che tutti conosciamo. Conclude il libro la testimonianza della figlia Liubov’ e i tributi di Firenze per i duecento anni dalla nascita del grande autore russo.

Assai interessante il corredo fotografico allegato, in cui Nicoletta Manetti ci mostra documenti, luoghi, edifici interni ed esterni, attuali e dell’epoca, i ritratti dei due artisti, che compaiono anche in copertina.

Un’opera dedicata a coloro (e non solo) che vogliono approfondire le conoscenze su questo scrittore, e che intendono scoprirne anche l’aspetto più umano, relazionale, pratico oltre che artistico.

Un libro che mi ha incantata, per la sobrietà, chiarezza, delicatezza del linguaggio, in uno stile semplice ma ricercato, tipico dell’autrice apprezzato già in altre sue opere.

Semplicemente delizioso, leggetelo.

A.C.