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13 settembre 2025

PARLA, MIA PAURA di Simona Vinci

 


«Ecco il trucco, la magia: non chiudere, apri. Non nasconderti, mostrati. Non tacere, esprimiti. Se hai paura, chiedi aiuto».

Un  romanzo autobiografico intenso questo libro di Simona Vinci  in cui l’autrice racconta senza veli le proprie paure: l’insorgenza degli attacchi di panico, la depressione post partum, l’anoressia, le idee suicide come unica via di fuga, i lunghi anni di terapia.

«La “Ragna”- così la scrittrice definisce la depressione - è lì, aggrappata alla tua schiena, la bocca agganciata al tuo midollo. Ti succhia anche se non te ne accorgi. Di te si nutre, di te si riempie, di te fa strage».

Depressione, ansia, attacchi di panico, esistono strategie per affrontare condizioni tanto subdole quanto invalidanti , che impediscono di vivere? È possibile mettere a tacere la regina delle paure, ovvero la paura della paura?

Per Simona Vinci la salvezza passa attraverso la scrittura, il potere salvifico della parola, come afferma nelle Nota a fine  libro: «È grazie alle parole, quelle che ho letto, quelle che ho scritto, quelle che ho ascoltato e quelle che ho pronunciato, se sono ancora viva».

Una scrittura fluida, sincera, che colpisce per la sua forza disarmante. Uno stile narrativo dal tono intimo, una capacità singolare di esprimersi con onestà al di là delle convenzioni, trasformando il dolore in linguaggio e creatività.

Una piacevole scoperta, una voce che senz’altro tornerò a leggere.

"Parla, mia paura"  di Simona Vinci ( Einaudi 2017)

31 agosto 2025

PSICOPOMPO di Amélie Nothomb

 



«In fondo cos’è volare se non abbandonarsi all’ebbrezza del vuoto?»

Ancora una volta Amélie Nothomb stupisce con la sua scrittura magistrale, trascendente, unica.
Questo libro ha la leggerezza del volo degli uccelli che l’autrice osserva e studia fin dall’infanzia, coltivando una passione radicale per creature solo in apparenza fragili, ma in realtà forti, audaci e determinate.

La prima parte è una raffinata dissertazione sul volo: un’impresa tutt’altro che scontata, che richiede forza, equilibrio e bilanciamento. Segue poi l’analisi del canto, diverso per ogni specie, con la sua melodia, la sua tonalità e il suo significato.

Restando ancorata al mondo aviario, Nothomb intreccia il racconto della propria vita: dall’infanzia in Giappone, Cina, Bangladesh e Laos, fino all’Europa, prima in Belgio e infine a Parigi. Ma a soli tredici anni, lo stupro subito interrompe brutalmente quella visione chimerica del mondo. La risposta sarà l’anoressia: non mangiare, scomparire, annullarsi. Un’esperienza che la porta a percepire corpo e anima come entità separate: «Conducevo due vite distinte, quella del corpo e quella dell’anima. Quella del corpo non era un granché, ma progrediva coraggiosamente verso una lenta guarigione. Quella dell’anima consisteva solo in conflitti e imprecazioni: disprezzo greco verso il mestiere di vivere».

La rinascita arriverà grazie alla scrittura, vissuta come un nuovo volo: «D’ora in poi scrivere sarebbe stato come volare […] Il mio canto sarebbe stato scrittura. Come l’allodola avrei cantato volando». Per questo Nothomb ricerca con tanto zelo la parola perfetta: perché scrivere, come volare, comporta impegno e rischio. Ma la scrittura è anche accompagnamento, come lo psicopompo che guida le anime oltre la soglia della vita.

Il risultato è una lettura intrigante, ironica e insieme profondissima, frutto di una mente vivace, colta e intuitiva. Psicopompo non solo illumina la scrittura come atto vitale, ma invita chi legge a spiccare, a sua volta, il proprio volo.

Psicopompo” di Amélie Nothomb (ed Voalnd 2024)



20 maggio 2025

CONVALESCENZA di Han Kang

 

Ancora una volta Han Kang torna a esplorare i temi a lei più cari: la leggerezza e l’essenza dell’essere femminile, la sua incorporeità, la fatale attrazione verso il mondo vegetale e le sue leggi, fino alla completa assimilazione e dissoluzione dell’identità umana. Temi che affondano le radici nella sofferenza del vivere e che l’autrice sovverte attraverso una sorta di metamorfosi catartica.

Suddiviso in due racconti, il libro narra le vicende di due donne - ancora una volta figure femminili - all’apparenza fragili, ma determinate nel perseguire fino in fondo le proprie volontà.

Nel primo, il rapporto conflittuale tra la protagonista e la sorella malata di tumore, apre interrogativi insoluti nella vita della donna sopravvissuta.

Nel secondo, la protagonista è una donna infelice che rifiuta il cibo, in un graduale percorso di annientamento che la conduce verso una trasformazione radicale: diventare una pianta.

Un libro che ancora una volta stupisce, per l’intensità della sofferenza interiore, per la spietatezza e la volontà di scelte estreme, e il paradosso di trovare in esse, un senso di estasi e pace.

Una scrittura asciutta, tagliente, vera, che conferma ancora una volta l’autrice come un’esploratrice lucida e profonda dell’anima.

“Convalescenza” di Han Kang ( Adelphi 2019)

16 febbraio 2024

LA VEGETARIANA di Han Kang

 


LA VEGETARIANA di Han Kang

Seoul, Corea del Sud. Yeong-Hye è una giovane donna, piuttosto ordinaria,«né alta né bassa, capelli a caschetto né lunghi né corti, colorito itterico e malaticcio, zigomi un po’ sporgenti [] non presentava nemmeno particolari difetti, e quindi non ci fu ragione di non sposarci» ce la presenta così il marito, al momento del loro primo incontro. All’improvviso però Yeong-Hye smette di  mangiare carne e il marito la trova nel cuore della notte davanti al frigorifero intenta a svuotarlo da tutto ciò che sia carne e pesce, per gettarlo in enormi sacchi dell’immondizia. Allo stupore del consorte lei risponde : «Ho fatto un sogno».

E quel sogno che si protrarrà per giorni e mesi, vede Yeong-Hye trasformarsi, ferma nella decisione di non mangiare più ciò che ha gambe, mani, piedi, una testa, fino alla convinzione di potersi nutrire solo di acqua, e aria, come fanno le piante, gli alberi. Tutto il menage matrimoniale, familiare e sociale ne sarà sconvolto, portando la narrazione verso un epilogo inesorabile.

Già l’incipit (il punto di vista del marito) ci immerge subito nel dramma, mostrandoci tutta la complessità  e criticità del loro rapporto «Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l’avevo sempre considerata del tutto insignificante. Per essere franco, la prima volta che la vidi non mi piacque nemmeno». Come potremmo aspettarci una sorte diversa se questi sono i presupposti?

Interessante come l’autrice (che non conoscevo) gestisce la narrazione, introducendo e sviscerando lastoria di Yeong-Hye, non dal suo punto di vista, ma da tre punti di vista diversi: quello del marito, del cognato e della sorella maggiore, salvo alcune parentesi in corsivo in cui la storia sembra rappresentare la visione onirica e allucinatoria della protagonista stessa. E altrettanto sorprendente è il fatto che la scrittrice riesce a entrare nel cuore del personaggio, sebbene non sia espresso soggettivamente dalla sua prospettiva: ciò che lei sente e percepisce davvero, ciò che la spinge a rifiutare il cibo, tutta la sofferenza, il malessere, il disagio, il desiderio di essere altro da sé, in un continuo e degradante annullamento. Ma all’allucinazione si affianca anche una fredda, lucida, spietata determinazione a perseguire il cammino intrapreso, nella direzione di quella che per Yeong-Hye rappresenta la liberazione da ogni male, la trasformazione, il ritorno alle origini nel ricongiungimento con la Natura madre «Sul mio corpo crescevano le foglie, e dalle mani mi spuntavano le radici… E così affondavo nella terra. Sempre di più…».

Più che una storia di scelte etiche alimentari, come il titolo potrebbe far pensare, è la storia di un’anoressia, una malattia che non lascia scampo, se chi la vive non riesce (o vuole) trovare alternative se si ostina a conviverci senza offrirsi altre possibilità.

Al dramma di Yeong-Hye si affiancano i vissuti complicati del marito (un uomo egoista, ignorante, maschilista), del cognato (un artista insoddisfatto, feticista, alla ricerca del piacere dell’arte e della carne) e della sorella (donna insoddisfatta e delusa dal matrimonio, che più di una volta si è trovata in condizioni disperate e difficili ma che a differenza di Yeong-Hye è riuscita a uscirne). La sorella è la figura positiva e forte, «forte nella sua bontà connaturata, nella sua umanità [] senza mai fare del male a nessuno», capace di lottare, intraprendere la strada più difficile della resistenza e della razionalità, unita alla consapevolezza  di dover reagire (forse anche per il figlioletto di cui sente tutta la responsabilità),  guardare la realtà in faccia e confinare i propri sogni al margine:  «Non esiste soltanto il sogno, no? Dobbiamo svegliarci a un certo punto, non è così?» .In-Hye è anche la persona che in qualche modo riscatterà e darà di nuovo dignità alla sorella.

Una storia tragica e attuale, dove anche il sesso ha la sua parte intrecciandosi al sentimento. Una vicenda purtroppo possibile in qualsiasi contesto sociale, non solo coreano che poco conosco, dove l’alienazione, il mal di esistere, la depressione, la sofferenza dell’anima che porta all’anoressia e all’annullamento del sé, conducono a una lenta e inevitabile discesa negli Inferi, in cui nessuna ragione, logica e razionalità può avere la meglio.  

Una lettura piuttosto cruda, vera, essenziale, dal ritmo serrato e incalzante,  una prosa diretta, fluida, scorrevole, che sa esplorare con perizia, oggettività e umanità l’intimità dell’animo e che ha saputo toccare le corde giuste della mia sensibilità. Peccato che in alcuni passaggi vi siano errori verbali (tempi sbagliati), sicuramente frutto di una traduzione forse frettolosa, che la mia mente però ha prontamente corretto.

Un libro consigliato a tutti; per me la scoperta di una scrittrice che senza dubbio leggerò ancora.

La vegetariana di Han Kang” (Gli Adelphi Edizioni 2007)