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29 dicembre 2024

INVENTARIO DI QUEL CHE RESTA DOPO CHE LA FORESTA BRUCIA di Michele Ruol

 

« Ci sono cose che non si cureranno mai… tutto quello che fa il tempo è concedere di assistere a nuove fioriture a chi ha la pazienza di aspettare»

Un libro bellissimo e coraggioso - per il contenuto poco commerciale - per tutti, ma destinato solo a coloro che cercano nella lettura occasione di intimità e dialogo con sé stessi.

Un libro dalla struttura piuttosto originale, in cui sono gli oggetti a narrare la storia, novantanove oggetti nell’appartamento di una famiglia sconvolta da un tragico evento: la morte dei due figli.

E proprio come una sorta di inventario di ciò che resta dopo l’incendio che coincide con l’incidente stradale dei ragazzi, l’autore ci presenta in maniera dettagliata ogni cosa – il pentolino da latte, la penna stilografica Pelikan MK10, lo stradario, cartellina in pelle, rasoio elettrico a testine rotanti, scatole di cartone (IM.) e (IN.)… – raccontando attraverso le stesse, tappe dell’esistenza di Padre e Madre, il loro incontro, il matrimonio, la nascita di Maggiore e Minore, la loro crescita, i successi e i fallimenti, i momenti di gioia o di difficoltà, la routine familiare… muovendosi nello spazio e nel tempo con abilità sorprendente, in uno stile narrativo diretto e fluente.

Presenze nell’assenza, che rievocano ciascuna un ricordo, un tassello di vita per chi resta e che nonostante tutto deve continuare a vivere.

Come possono due genitori andare avanti dopo una sciagura così invalidante? Dove possono trovare la forza per non crollare? Quale motivazione che non sia la fede può tenerli ancora legati alla vita? Il libro ci offre una delle tante soluzioni possibili, perché anche nel peggior dolore e sofferenza insieme alla consapevolezza e all’irreversibilità della perdita, esiste sempre una via di uscita. In questo, il tempo può essere un grande alleato.

Una lettura che affronta il tema del lutto, senza autocommiserazione, ma con grande lucidità e forza, spalancando le porte alla speranza.

Grazie a questo spiraglio di luce si assiste alla rinascita, proprio come fanno i corbezzoli, i primi a germogliare dopo un incendio, stimolati dall’acidità del terreno «piante speciali, capaci di fare contemporaneamente fiori e frutti: grappoli di campanelle bianche e bellissime bacche rosse e arancioni».

Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” di Michele Ruol (Terrarossa edizioni 2024)

22 giugno 2024

DIARIO DI UN DOLORE di C.S.Lewis

 

Diario di un dolore è un libro di interesse comune che tutti dovrebbero leggere, perché è pressoché impossibile nella vita di ciascuno di noi, non sperimentare il dolore, nonostante la sua soggettività. Il dolore come il piacere, fa parte del nostro quotidiano di esseri umani e sensibili, riveste un ruolo fondamentale e condizionante nel relazionarci con l’esterno, influenzando ogni sfera del nostro essere, fisica, mentale e spirituale.

Lo scrittore ha perso la moglie, il cancro se l’è portata via con sofferenze atroci. Questa opera, sotto forma di diario, partendo dal tragico evento, nasce come elaborazione della perdita, come risposta reattiva al dolore del lutto, della mancanza, nel tentativo di dargli forma, consistenza e valore, per poterlo superare forse, e dargli un senso, una connotazione..

L’autore però va oltre, riuscendo a penetrare il dolore e a descriverlo nelle molteplici sfumature: il dolore come una sbronza; il dolore come una arma puntata contro che incute paura e angoscia; il dolore che impigrisce inibendo ogni azione; il dolore come entità individuale ed esclusivamente personale « La debolezza dell’altro, la sua paura, la sua sofferenza non puoi farle tue. Potrai aver paura e soffrire anche tu. […] Ma sarebbe pur sempre un soffrire diverso», per quanto siamo vicini a chi soffre, ognuno conosce davvero soltanto il proprio dolore; il dolore come mistero: «Perché la separazione (per non dire altro) che tanto strazia chi rimane dovrebbe essere indolore per chi se ne va?»; il dolore che fa perdere il significato della vita stessa: «La gente non esiste, non è mai esistita. La morte non fa che rivelare il vuoto che c’era da sempre»; il dolore prolungato per la persona perduta che può allontanare l’affetto per la persona stessa «l’abbandono al dolore, invece di legarci ai morti, ce ne distacca».

E poi Il lutto, vissuto dai figli come imbarazzo, dal congiunto come assenza, come perdita di un’abitudine che svela orizzonti diversi e sconosciuti: « Il dolore di un lutto è come una lunga valle, una valle tortuosa dove qualsiasi curva può rivelare un paesaggio affatto nuovo».

Il concetto della morte, come un tabù da sfatare: «La morte esiste. E tutto ciò che esiste ha importanza»; la morte come approdo e non come l’arrivo.

Non mancano le riflessioni sull’esistenza di un’altra dimensione spaziale e temporale dopo la morte: «Dov’è lei ora? Ossia in quale luogo è lei in questo momento? Ma se H. non è un corpo,… H. non è in nessun luogo […]. Se i morti non sono nel tempo, o non sono nel tempo che noi conosciamo, esiste una chiara differenza, quando parliamo di loro, tra “era”, “è” e “sarà”? La risposta che prova a darsi è: «H è con Dio. Almeno in un senso, questo è certissimo. Essa è, come Dio, incomprensibile e immaginabile».

Questo lungo percorso sul dolore si rivela alla fine una sublimazione, un salto spirituale, una modalità saggia (anche se dolorosa) per approfondirsi, crescere, evolversi.

L’autore attua questo processo in maniera stoica, alternando la razionalità all’emozione, in una gamma di stati d’animo, anche contraddittori a volte, in cui mette in discussione la fede stessa, criticando e analizzando il suo Dio: «È razionale credere in un Dio cattivo? O comunque, in un Dio tanto cattivo? Il Sadico Cosmico, l’idiota malevolo?».

Non manca la riconciliazione con «Lui come il donatore e con lei come dono… amarla è diventato, nella sua misura, come amare Lui», che riaccende la speranza capace di lenire ogni sofferenza.

Un libro intenso e coraggioso che mette in luce gli aspetti complessi del dolore – fisico, psichico e spirituale –  che porta noi lettori a soffermarci e a confrontarci anche con il proprio, a dargli un significato, trovando molti punti in comune, sebbene la soggettività e l’unicità dell’esperienza stessa.

Un libro che terrò nella biblioteca del mio cuore.

“Diario di un dolore” di  C.S.Lewis ( ed. Adelphi 1990)