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27 novembre 2023

PALOMAR di Italo Calvino



Rileggere Italo Calvino dopo anni, è sempre una gioia, è come ritornare dopo un viaggio e riconoscere gli stessi oggetti, odori, sapori, musiche che sembravano sepolti nella soffitta della mente ma che  sono sempre lì, vivi, nitidi e reali.

Fin dalle prime pagine ho ritrovato quel luogo familiare e conosciuto, sebbene questa opera di Calvino (fra le opere ultime dell’autore) sia molto distante e diversa da Il sentiero dei nidi di ragno o dalla trilogia de I nostri antenati, solo per fare alcuni esempi.

Palomar, lo si può considerare un romanzo di racconti, per la suddivisione in tanti piccoli capitoli compiuti che Calvino catalogò in tre sezioni suddivise a sua volta in sottosezioni definite 1): come esperienze visive; 2): come esperienze legate al linguaggio, al suo significato, ai simboli; 3): come esperienze filosofiche, speculative, meditative.

Mi sono interrogata sul significato del titolo “Palomar” e la prefazione dell’autore ci dice molto. Palomar che in spagnolo significa Colombaia (a parte l’amore del protagonista per i volatili) non ha alcuna connessione con il testo mentre, come lui stesso dice, è ispirato all’Osservatorio californiano del Monte Palomar, il cui telescopio punta il suo occhio «verso l’alto, il fuori, i multiformi aspetti dell’Universo». È un occhio attento, curioso, soggettivo e oggettivo, insaziabile, rapace, bramoso, critico, lungimirante, chirurgico, …arrendevole.

Ma chi è Palomar, quest’ uomo non più giovane, coniugato, perfettamente integrato, dall’animo silenzioso, taciturno, riflessivo, che si interroga continuamente sui fenomeni del mondo, alla ricerca delle mille risposte possibili? Palomar è l’uomo colto nella sua solitudine, nella sua unicità, attore e spettatore della vita stessa che lo attraversa e lo travolge: spetta a lui azione e capacità di improvvisare, adattandosi agli eventi, subendoli o accogliendoli nella loro universalità. Palomar è l’autore stesso, i suoi pensieri, le domande, il suo forte desiderio di andare oltre il visibile per esplorare nuove e più profonde verità.  Palomar siamo noi, sono io lettrice, che mi identifico nel suo pensiero, nelle sue stesse domande, dubbi, che osservo l’onda e per quanto anch’io mi sforzi, non ne trovo l’origine; che immersa nel riflesso del sole nel mare capisco che «ognuno ha il suo riflesso, che solo per lui ha quella direzione e si sposta con lui»; che ascolto e amo il canto degli uccelli senza riconoscerli e avverto questa mia «ignoranza come una colpa»; che nell’infinità del prato riesco a distinguere le erbe a una ad una, «nelle loro particolarità e differenze. E non solamente vederle: pensarle»; che osservo la luna nel pomeriggio, sbiadita e indefinita, «nel momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interesse, dato che la sua esistenza è ancora in forse»; che nelle notti estive osservo il cielo e penso che« il firmamento è qualcosa che sta lassù, che si vede che c’è, ma da cui non si può ricavare nessuna idea di dimensioni o di distanza»; che cerco «di pensare il mondo com’è visto dai volatili»; che nella calca frenetica e nervosa dei supermercati vedo «un’avidità senza gioia né gioventù»; che amante dei formaggi, mi soffermo più del dovuto nello scomparto dedicato come fosse un museo, apprezzandone le forme, la consistenza, i futuri sapori, la nomenclatura; che nell’osservare il mondo animale scopro che «c’è il mondo di prima dell’uomo, o di dopo, a dimostrare che il mondo dell’uomo non è eterno e non è l’unico»; che anche senza essere stata in Messico e aver visitato le rovine di Tula, condivido appieno «la continuità della vita e della morte[…];  la vita è vita e porta con sé la morte e la morte che è morte perché senza morte non c’è vita»; che penso quanto sarebbe fruttuoso «mordersi la lingua tre volte prima di parlare» lasciando spazio al silenzio, essere più onesti con chi ha meno esperienza, riconoscendo «che non abbiamo niente da insegnare» e che «la conoscenza del prossimo passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso». Mi son lasciata andare, prendere dalle storie, ricche di queste pillole di saggezza, come se fossero cioccolatini di cui sono golosa.

Concludo con la frase di Calvino che definisce e sintetizza così il suo protagonista: «Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato».

Palomar Italo Calvino (Mondadori 1994)