Visualizzazione post con etichetta memoir. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta memoir. Mostra tutti i post

18 maggio 2025

COME D’ARIA di Ada D’Adamo

 

«Spesso la malattia separa, allontana, distrugge. Qualche volta invece genera, allaccia, moltiplica l’amore»

Un libro forte, toccante, bellissimo (e uso questo aggettivo di proposito, perché di bellezza si parla in questo lettura) che affronta temi scottanti come la malattia e la disabilità. Un memoir scritto in prima persona sotto forma di lettera aperta alla figlia Daria, nata con una malattia rara, la oloprosencefalia, una importante disabilità che non le permette alcuna indipendenza ed espressione comunicativa se non attraverso un sorriso o un lamento.

Daria è la figlia desiderata, la cui iniziale”D”si pone nel nome dell’autrice, tra Ada e Alfredo, anello di congiunzione simbolico e affettivo dei genitori. Daria è il frutto della propria fertilità, motivo di gioia ma anche di rabbia e sconforto perché è impossibile non farsi carico delle mancanze e sofferenze di chi è sangue del tuo sangue.

Ada riesce con un linguaggio chiaro ed essenziale, senza vittimismo o pietismo, a descrivere tutta la diversità del suo «altro mondo», un mondo scomodo, costruito sulla completa dedizione, fatto di sacrifici e rinunce che trovano un senso solo nella parola “amore”.  

Una storia di disabilità e di malattia incurabile, che porta a una consapevolezza profonda, in cui «col tempo si smette di accanirsi a cercare risposte, di affannarsi, di voler andare altrove. Non rassegnazione, piuttosto una forma di accettazione attiva: si smette di combattere “contro”. Si risparmiano energie e si pensa a combattere “per”.

Una storia che riapre la tanto discussa questione dell’aborto terapeutico, una scelta soprattutto femminile  che genera mille interrogativi spesso senza risposta «Sono forse per la morte io?[...] Di quale vita si parla? Della mia? Della tua?[...]Quante sofferenze ti aspettano? Chi può decidere se una vita vale la pena di essere vissuta?[... ]Solo il bisogno di rivendicare per tutte il diritto alla scelta, anche per quelle che avevano scelto diversamente».

Ma anche un atto di denuncia sociale contro un mondo a misura di persone sane, che spesso non favorisce la disabilità assegnandole un ruolo marginale. Per fortuna non sempre è così: esistono professionisti, «persone che non perdono tempo a rimpiangere quel che ti manca ma sfruttano quel poco che hai», istituzioni che cercano nonostante le barriere logistiche e culturali di andare oltre e offrire qualcosa di più.

Una storia di solitudine profonda perché «avere un figlio invalido significa essere soli. Irrimediabilmente, definitivamente soli. Indietro non si torna. Uguale a prima non sarà mai più».

Una storia di malattia, il tumore di Ada che irrompe all’improvviso, rompendo l’equilibrio complesso madre – figlia, aprendo un importante interrogativo sul futuro di Daria e di chi rimane.

Ecco emergere l’importanza delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, strumento poco conosciuto, utile per pianificare e dare continuità e senso alla propria vita e a quella di chi rimarrà.

“Come d’aria” è soprattutto la storia di una donna – figlia, ballerina, scrittrice, moglie, madre, amica – che ha lottato per la vita fino alla fine (anche se non ha mai amato la parola “battaglia”) e nonostante sia morta a soli cinquantasette anni, ha vissuto una vita piena e degna di essere vissuta.

Una scrittura intensa, magistrale quasi poetica: parole e frasi che dalla logica arrivano dritte al cuore, come aghi sottili scuotendoci dalla stasi emotiva. Impossibile non addolorarsi con lei, non commuoversi alle sue strategie di sopravvivenza, non piangere ai suoi tentativi falliti di risalita. Impossibile restare in silenzio e non applaudire alla grande Donna che è stata: Ada D’Adamo, Ada, figlia del primo uomo.

Come d’aria di Ada D’Adamo (ed Elliot 2023)

16 agosto 2023

TI HO VISTA IERI di Patrizia Laquidara

 

«I segreti di famiglia sono sassi che ti porti dentro le tasche e che non sai di avere, ma sono anche sassolini lungo il bosco che, come il profumo dei gelsomini, ti fanno ritornare a casa».

L’importanza delle nostre origini, anche quelle più remote che come radici ci ancorano, ci sostengono e ci fortificano nel bene e nel male, fondamenta imprescindibili per la nostra crescita e personalità.

Anni Settanta, boom economico e tecnologico, periodo di significativa trasformazione generazionale, motivo di sogni e speranza di tanti italiani.

Patrizia Laquidara si racconta attraverso il suo sguardo di bambina, catturando il lettore con la sua empatia e simpatia, ripercorrendo la storia della sua famiglia (materna e paterna) «sia per sentito dire che per esperienza», in un inebriante e articolato viaggio dalla Sicilia al Veneto, regalandoci un’esperienza unica, immersiva nella tradizione popolare dell’epoca. Un incantevole viaggio nel  tempo, dalla nascita – attraverso un’infanzia documentata con dettagliata minuziosità – fino all’adolescenza, momento in cui ogni bambina subisce una trasformazione, e diventa «nuova, ammirata da lontano dai bambini stupiti e un po’ impauriti di ieri».

Una bambina audace, forte, curiosa, che si tuffa nella vita con coraggio e determinazione, sostenuta sempre dalle radici di una famiglia salda e onesta. Una bambina che sperimenta, non si accontenta di ciò che gli altri le dicono – anche se ne tiene conto – alla ricerca della propria verità e unicità, quella che nessuno potrà svelarle ma che deve trovare da sola. Una personalità decisa che sa affrontare le avversità (lutti, perdite, abbandoni) con intelligenza e sensibilità, superando ed elaborando con destrezza il distacco dalla terra d’origine, l’emigrazione verso il Nord,« quel travaso e il passaggio sotto pelle delle cose e della vita, un aroma che non ritrovavo nel posto dove eravamo andati a finire».

Un panorama colorato e straordinario di uomini, donne, animali ma anche oggetti – che hanno tutti qualcosa da raccontare – ognuno con la propria voce, elementi indispensabili e unici nell’armonia e melodia del coro della vita.  

Impossibile non rimanere affascinati da Anna «il giunco che si piega al vento, che a forza di piegarsi era diventata saggia, dolce, mite, comprensiva e innamorata», soprannominata a Ciaccaligna e suo marito Pippo u Buggiu «la testa pazza»,[…], «Pippo e Anna un’opera d’arte inscindibile, sicuramente imperfetta ma pur sempre piena di vita e bellezza»; nonna Grazia e nonno Don Caitano, zia Mimma, andata via troppo presto, Fifì il cagnolino rimasto sulla banchina del molo; zia Ninauna divinità pagana fatta di rami e fiumi azzurri che le scorrevano fino a terra lasciando dietro di sé, lungo il marciapiede, pozzanghere e rivoli»; Angela, l’amica di gioco, «la scatenata, quella scaltra»; nonno Toni, nonna Agnese, e la bisnonna Teresa la Consigliera, «la matriarca gentile, capace di camminare sul crinale luminoso dell’esistenza»; e poi Guido, il signor Vanni, Lara, gli zingari,… insomma un’infinità di personaggi, impossibile da nominare e ricordare tutti.

Il punto di vista è quello di Patrizia stessa, che con le sue eccellenti capacità espressive riesce a regalarci una meravigliosa testimonianza non solo personale ma anche storica, culturale e sociale di un intero secolo. La voce narrante è quella dell’autrice bambina, l’impronta e lo stile si legano al suo linguaggio e pensiero, creando una narrativa davvero attraente, costruita da frasi a volte brevi, a volte articolate, parole a effetto, espressioni dialettali che creano suggestione e armonia per la musicalità dei suoni, in un fluire continuo, essenziale ed efficace.

Interessante anche la struttura del romanzo, diviso in cinque parti, a sua volta suddivise in brevi capitoli ognuno col proprio titolo, tanto da rappresentare storie a sé, ma strettamente collegate tra loro.

Un libro semplicemente delizioso, divorato con sano appetito, una lettura che mi ha sorprendentemente coinvolta  – anche per le innumerevoli condivisioni e coincidenze (anche mio padre era frigorista) – accompagnando le mie giornate con gioia, come previsto dall’autrice nella sua dedica. Un libro positivo, che mette buon umore, narrando dell’esistenza da vivere con giudizio e buonsenso perché «visto che ci sei, meglio giocare in maniera intelligente e scegliere, tra tutti, il gioco più bello e divertente per te».

Una scrittura che rimane sulla pelle anche dopo aver chiuso il libro, mantenendo viva la nostalgia positiva di un tempo passato, quando la gioia era nel cuore delle cose e non nella forma, quando bastava semplicemente esistere per essere felici, anche e nonostante le difficoltà.

A.C.

“Ti ho vista ieri” di Patrizia Laquidara ( Ed. Neri Pozzi  2023)