
Come ho scoperto lo scrittore e la sua narrativa, visto che
non se ne parla molto, anzi è anche piuttosto difficile reperirne le opere?
Per caso, passeggiando sulle colline a pochi passi da casa
mia, dove fiancheggiando una bella villa tra gli ulivi e i primi anemoni,
un’amica mi rivelò che per una buona parte della sua vita in quella casa aveva
vissuto Giorgio Saviane, l’autore di
Eutanasia di un amore, libro che
vinse il Premio Bancarella nel 1977. Ricordo bene il film di Enrico Maria
Salerno, le cui prime scene furono girate proprio a Sesto Fiorentino. Avevo solo tredici anni, ma impossibile
dimenticare l’evento: tutte le strade furono bloccate per un giorno, alla
fermata del 28 c’era la bellissima Ornella Muti e Tony Musante, che invece
conoscevo ben poco.
Ciò che mi ha incuriosito di Saviane andando a ricercare
biografia e opere, è stato il velo di polvere intorno allo scrittore, poco
ricordato nella letteratura del Novecento, nonostante la notorietà editoriale e
lo spessore culturale e artistico. «Perché?» mi sono chiesta. Senza dubbio
perché è stato un personaggio scomodo, una persona che diceva senza mezzi
termini come la pensava, che non si adattava alle situazioni o alle opinioni
altrui per un tornaconto personale, mettendo le proprie ideologie e convinzioni
sopra ogni altro aspetto.
Giorgio Saviane,
(1916-2000) veneto di nascita, trascorse buona parte della sua vita in Toscana,
a Firenze svolgendo in contemporanea
la sua attività di avvocato e scrittore. Idealista, anticonformista, amante
della vita e delle belle donne, della campagna e del mare, tematiche che
ritroviamo spesso nelle sue opere.
“Eutanasia di un
amore” è un romanzo che parla d’amore, di una passione travolgente capace
con la sua urgenza di annullare tutto il resto. Paolo, professore universitario già quarantenne ama Sena, una sua ex allieva, e ne è
contraccambiato. Ma già dalla prima pagina, i due hanno un diverbio, la macchina
si ferma al semaforo rosso e Sena apre la portiera per sfuggirgli e salire
sull’autobus fermo al capolinea. Il motivo del litigio rimane per buona parte
del libro oscuro a noi lettori e a Paolo stesso, che tenta in ogni modo di
riconquistare la ragazza, con dignità e in modo consono a suoi principi
ideologici e morali. La lettura prosegue carica di questa tensione: l’incognito
della rottura, la causa della separazione.
Fatti, azioni si susseguono veloci anche se densi di
riflessioni, pensieri, emozioni, sentimenti, sviscerati in ogni componente per
essere descritti e approfonditi dall’autore in modo davvero efficace e notevole
da un punto di vista stilistico. Si accavallano visioni, all’apparenza
scollegate alla realtà che sottolineano però lo stato d’animo confuso, trepidante
del protagonista stesso. Un grido
d’amore disperato, quello di Paolo che ricerca Sena in ogni dove, la segue,
la rincorre, cerca di combinare incontri casuali avvalendosi della complicità degli
amici. Poi imprevedibile il ritorno, l’incontro “casuale” a Ponte Vecchio, lui
invecchiato di anni come se la lontananza da lei gli avesse attirato ogni
malattia (mal di schiena, emorroidi, prostata, emorragia a un occhio…). Si
chiariscono, Sena svela il motivo che l’ha allontanata da lui, una cosa
bruttissima di cui lui è il responsabile. Sarà disposto Paolo, a questo punto, a
fare un passo indietro, a rivedere le sue posizioni ideologiche, politiche,
anticonformiste, una delle quali motivo di rottura, pur di ritornare con lei? Ovviamente
non ve lo svelerò, per non togliervi il gusto di quella tensione che l’autore sa
creare così bene e mantenere in buona parte del libro.
C’è anche il tradimento,
come parte integrante ed evolutiva del rapporto tra Paolo e Sena, ma
soprattutto dell’amore, che ha necessità di sperimentare, oltrepassando i
vincoli che Paolo stesso si è creato, catturato dalla bellezza di lei, ancorato
al complesso edipico senza il superamento del quale non c’è evoluzione.
La storia con Silva,
una ragazza conosciuta a Punta Ala, rappresenterà questa svolta, svincolandolo
dall’amore, sinonimo di possesso, esclusività per trasformarlo in condivisione e
piacere. Grazie a lei, Paolo riscoprirà un nuovo modo di amare, libero dalla
schiavitù della passione, che non è tormentato vivere, ma partecipazione,
scambio, donare per donarsi e ricevere.
E a proposito dell’amore legato al sesso trovo interessante
questa osservazione: “Il sesso, vede, ha
due valenze manifeste, oltre le mille sfumature: una di appetito (azzurro,
dorato, sentimentale, lo chiami come vuole), l’altra di appagamento. Sono in
fondo la stessa cosa, ci sono tuttavia questi due tempi, per dir così, che
l’umanità ha avvertito. “. E conclude che si può viverlo anche solo in una
di queste parti.
Davvero un libro profondo, dai dialoghi ben costruiti e
riusciti che esprimono in pieno il carattere, le pulsioni, i sentimenti, le
emozioni, i desideri più intimi dei personaggi. Un ottimo lavoro di
introspezione prendendo a pretesto l’ amore.
Interessante anche il cambio di voce narrante all’interno di
uno stesso capitolo: l’autore inizia la narrazione in prima persona, poi come
se volesse entrare meglio dentro il personaggio, la cambia, adottando la prima
persona, voce del protagonista stesso. Non ho gradito subito questa strategia,
avvertendola come una stonatura (sono anche ritornata indietro nella lettura,
ricercandone l’errore). Poi ho capito che lo schema si ripeteva, e come succede
spesso, quando si prende confidenza, non mi è più dispiaciuta, anzi l’ho
trovata calzante. Documentandomi, ho letto che era una sua peculiarità quella
di usare contemporaneamente la terza e la prima persona.
Insomma, concludo, sottolineando il rammarico che uno
scrittore così valido sia stato così poco valorizzato (pensate lo stesso libro
di cui vi parlo, l’ho trovato su una bancarella dell’usato e non è più in
catalogo). Questo ce la dice lunga sul mondo editoriale e non solo. Vi lascio
nella speranza di avervi trasmesso un po’ di curiosità e interesse per un
grande scrittore, ritenuto poco commerciabile, ma senza dubbio meritevole.
A.C.
“Eutanasia di un amore” di Giorgio
Saviane (Rizzoli 1976)