«Nessuno
di noi è comune, anzi ciascuno è straordinario alla propria maniera»
Una lettura molto interessante, più romanzo che saggio, che ci porta a riflettere sul fine vita, su come un giusto, consapevole approccio alla morte sia fondamentale per viver meglio e soprattutto per affrontare in modo valorizzante il processo del morire.
Kathryn Mannix, medico palliativista, specializzata in Terapia Cognitiva Comportamentale, ci offre in questo libro l’opportunità di compiere questo viaggio, nella buia realtà che spaventa molti, perché rappresenta l’ignoto, la perdita, la scomparsa e con ciò la sofferenza, sostantivi tutti che implicano un vuoto oggettivo a cui nessuno ha saputo mai dare risposta.
Cosa c’è dopo la morte?
Ecco la Mannix ci propone una soluzione, offrendoci le informazioni di cui è a conoscenza, grazie alla sua esperienza e al contatto costante col fine vita, conducendoci nell’esplorazione e apprendimento di un momento così unico e difficile.
In maniera magistrale, da clinico esperto e da attenta osservatrice e narratrice, ci esorta a riflettere attraverso le storie ben descritte e documentate dei suoi pazienti - di cui per convenzione maschera nomi e luoghi -, sul valore della vita, della nascita e della morte (così simili e complementari), offrendo anche a noi lettori gli strumenti per “partecipare” all’evento finale delle persone care, descrivendo in modo oggettivo e tecnico lo schema del morire, ovvero la trasformazione della sfera fisica, emotiva e spirituale che, come un protocollo, molto spesso avviene in questo momento chiave. Tutto ciò, senza tralasciare il contesto di emozioni, sentimento e calore che vi ruota attorno.
«Osservare il processo del morire è come osservare un parto: in entrambi i casi esistono fasi riconoscibili in una progressione di cambiamenti che portano al risultato previsto […] Vi sono solo due giorni che durano meno di ventiquattro ore nel corso della vita, posti come dei fermalibri alle estremità della nostra esistenza; uno lo celebriamo ogni anno, ma è l’altro a rendere la vita preziosa».
Molto concreta è l’affermazione in cui nella morte «vi è ben poco da temere e molto da organizzare». Un viaggio molto interessante che nella società attuale, proprio per il tabù che lega questo evento, oggi è precluso a molti.
Vivere la propria morte - sembra un ossimoro - ma è proprio la maniera più efficace di dare un senso alla propria vita. L’evento del morire può rappresentare allora un’ epifania, l’espressione massima e conclusiva di una vita, la risoluzione di un enigma irrisolto, che come un finale di un romanzo ben scritto, lasci in eredità un buon ricordo, un lascito emozionale positivo per chi resta. Per questo sono pienamente convinta che non sia affatto vantaggioso evitare il pensiero della morte (dei nostri cari, la nostra), in quanto pensarci e parlarne in modo realistico, sicuramente migliora anche il nostro vivere quotidiano.
E a conclusione, voglio citare proprio una frase che implica e riassume il messaggio dell’opera stessa: “La vita è preziosa e forse riusciamo ad apprezzarla meglio quando la viviamo consapevoli della sua fine”. Per cui, anche alla luce dell’anno di Master appena terminato, aggiungo e sostengo che sia davvero giunto il tempo di crescere, comprendere e non aver più paura del buio.
“La notte non fa più paura” di Kathryn Mannix ( ed.Corbaccio 2018)
Nessun commento:
Posta un commento